Cleansed è violento. E’ accecante. E’ "senza senso", nel senso che tutta quella violenza sbattuta sul palcoscenico non ha uno scopo se non il soddisfacimento della crudeltà umana, che qui raggiunge picchi spaventosi. E’ assordante, perchè i personaggi si alternano, soffrono, vengono seviziati e umiliati e l’unica luce di speranza è un fiore giallo che spunta e che la protagonista definisce "lovely".
Cleansed è eccessivo. Lo pensai la prima volta che lo lessi, quando mi sentii fisicamente male di fronte a certe scene e pensai che non l’avrei più toccato, che tutta quella violenza inaudita non era per me e che non aveva senso. Non aveva senso il finale, non aveva senso la tortura, non aveva senso quel campus-lager. Non aveva senso. Mi sentivo sovraesposta alla violenza e non ritenni che fosse un pregio dell’autrice avermi fatto arrivare alla fine senza stupirmi di nulla.
Poi l’ho ripreso in mano, di recente. L’ho riletto. E l’ho adorato, e vi ho trovato un senso che forse è sbagliato ma è la mia lettura. Ho pianto, ho vomitato, mi sono spaventata del contare lento e disperato del prigioniero sul pallottiere, quel suo scandire i giorni che gli rimangono da scontare rinchiuso per aver voluto imparare a leggere, scrivere, contare.
E ho trovato il pregio immenso dell’autrice: farti capire quanto sia spaventoso che un essere umano si abitui anche alla violenza più terrificante.
Cleansed è eccessivo, violento, accecante e assordante, ma ti cambia la vita.