Traduttore: Franco Fortini
Editore: Einaudi Genere: Fantastico
Pagine: 192
ISBN: 9788806173401
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Il nostro voto:
Zazie, una ragazzina ribelle e insolente, arriva nella Parigi degli anni '50 dalla provincia. Il suo sogno è vedere il metró; ma se uno sciopero glielo impedisce, nessuno può trattenerla dal salire su quella giostra vorticosa che per lei diviene Parigi. Fugge disinvolta dall'olezzo dello zio, ballerino travestito, per incontrare, grazie alla sua vitalità straripante, una galleria eterogenea di personaggi: un conducente di taxi, diabolici flic, la dolce Marceline, una vedova consolabile, un calzolaio malinconico e un querulo pappagallo.Il romanzo piú famoso di Raymond Queneau è una brillante favola moderna e insieme un romanzo di formazione contratto, tarlato dalla prismatica invenzione verbale dell'autore e dal turpiloquio irriverente della protagonista. Il brillante inventario di tecniche narrative garantisce il divertimento del lettore, in contrappunto con filosofiche malinconie. Non è un caso che un autore della Nouvelle Vague come Louis Malle, qui intervistato, ne abbia ricavato un incalzante film.
La mia prima reazione dopo poche pagine di Zazie nel metrò è stata: <<E questo sarebbe uno dei libri più importanti della letteratura francese moderna?!>>. Poi mi sono ampiamente ricreduta.
Per capire questo libro bisogna andare un po’ a ritroso e cercare di capire chi è Queneau: laureato in filosofia, aderisce al movimento surrealista, di cui apprezza l’attenzione verso i giochi del linguaggio. Al centro della sua opera vi sono appunto gli stereotipi letterari, che Queneau prende di mira e destruttura, accostando vocaboli presi dal parlato o inventati alle forme più elevate della letteratura (ad esempio, il teatro).
Questo è esattamente ciò che mi ha lasciato inizialmente perplessa: sembra che dietro i giochi di parole, l’uso di parole comuni o anche volgari e l’effetto umoristico nel sentire frasi ampollose pronunciate da personaggi ignoranti e grotteschi non vi sia nulla più che un grande virtuosismo tecnico. In realtà, andando avanti con il romanzo si capisce che la dissoluzione o la ridicolizzazione del linguaggio letterario sono artifici necessari per penetrare all’interno di quel mondo grottesco, fantastico e anche malinconico nel quale i personaggi della storia vivono.
Ma cos’è Zazie nel metrò? Come riporta la copertina, è una favola moderna: Zazie viene affidata dalla madre allo zio Gabriel, che lavora come travestito in un locale notturno di Parigi. Il più grande desiderio della bambina, che viene dalla provincia, è vedere il metrò, ma proprio nei giorni in cui lei è in città questo è fermo per sciopero. Questo non spaventa Zazie, che sfugge alla sorveglianza dello zio e girovaga per Parigi, dove incontra molti personaggi ambigui. Qui entra in scena l’uso del linguaggio fatto dallo scrittore francese, il linguaggio degli adulti, difficile, oscuro e spesso falso, esattamente come i personaggi che lo utilizzano; il linguaggio infiorito di parole volgari di Zazie, che mira alla verità e all’essere sempre diretta; il linguaggio elevato che lo zio Gabriel e altri suoi amici usano per generare confusione in chi sta loro davanti (spassosissimo il rifacimento del monologo di Amleto da parte di Gabriel!). Ho trovato più pesante, ma probabilmente ciò è dovuto alla difficoltà di tradurre il linguaggio di Queneau in italiano, il linguaggio del narratore, che utilizza lunghe proposizioni poco scorrevoli per introdurre gli eventi. Ma, come ho già detto, il senso di non scorrevolezza e rallentamento della narrazione sono probabilmente dovuti al passaggio dal francese alla nostra lingua.
Esattamente come in un film surrealista, ogni personaggio non è ciò che appare all’inizio, in senso fisico oltre che caratteriale, e da questo deriva appunto la definizione di fiaba, oltre che la sensazione di star leggendo il resoconto di un sogno. Un sogno malinconico e triste, che si svolge in una società spietata, che poco valorizza la bontà , pure infinita, di Gabriel, Charles, Marceline e gli altri; un sogno al termine del quale Zazie non può che dire:
<<Sono invecchiata>>.
Un romanzo, in conclusione, breve ma non semplicissimo, molto particolare nel suo genere, che ci fa riflettere sulla natura della nostra società descrivendola con gli occhi di una bambina che compie il suo percorso di formazione.
Un’ultima nota: dal testo è stato tratto l’omonimo film del 1960 di Louis Malle, con un giovanissimo Philippe Noiret, che è considerato uno dei capolavori del regista. L’edizione che ho letto io contiene un bel saggio di Roland Barthes e una testimonianza di Louis Malle.
I nostri voti | |
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Personaggi | |
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Copertina | |
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