Editore: Feltrinelli Genere: Narrativa
Pagine: 405
ISBN: 9788807017728
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Il nostro voto:
I coniugi Pitt si sono appena trasferiti nella loro nuova casa nell'elegante quartiere di Kensington. Mike lavora nella City come merchant banker, Jenny è consulente di una prestigiosa catena di negozi; hanno due figlie, Amy e Lucy. Una famiglia borghese, benestante, "normale". E tuttavia qualcosa comincia a non funzionare quando la maestra della piccola Lucy legge nei comportamenti della bambina turbamento e disagio. Sembrerebbe soltanto una seccatura, invece per Mike Pitt è l'inizio di un incubo. Per uscire dal labirinto di accuse che lo mettono con le spalle al muro si rivolge a Steve Booth, avvocato specializzato in diritto di famiglia abituato a confrontarsi con la clientela disagiata e multietnica di Brixton. Mentre Jenny continua a ripetere che "Lucy sta benissimo" e crede fermamente nell'innocenza del marito - cosa che esaspera il clima di sospetto e l'ostilità dei servizi sociali -, Steve Booth e il suo studio devono muoversi in una ragnatela di accuse che si infittisce di giorno in giorno, in un gioco sempre più paradossale di ambiguità e ossessioni. Romanzo giudiziario e di costume, thriller sociale e familiare in cui innocenza e colpevolezza si dividono la scena fino all'ultima pagina, "Vento scomposto" sorprende i lettori di Simonetta Agnello Hornby per il teatro contemporaneo della vicenda, una Londra di interni alto-borghesi e appartamenti di periferia, di aule di tribunale, parchi, strade e mercati.
Leggere Vento scomposto è come ricevere un pugno nello stomaco. Non tanto per la presenza di scene crude, che non ci sono, o per come vengono raccontate le cose, ma proprio per le cose che vengono raccontate: il dramma di una famiglia una volta felice costretta ad affrontare accuse infamanti e del tutto infondate.
La storia si avvia lentamente: facciamo prima la conoscenza di Pat e del suo nuovo lavoro presso lo studio legale di Steve Booth, un uomo che si occupa soprattutto di casi quasi disperati che coinvolgono le fasce più povere (e quindi spesso meno protette) della società inglese. Un giorno però Steve inizia ad occuparsi del caso di una ricca famiglia dell’alta società londinese: la famiglia di Mike Pitt. Il padre, infatti, è stato accusato da una zelante (e impicciona) maestra d’asilo di aver abusato della piccola Lucy, la figlia di quattro anni di Mike e della moglie Jenny. La famiglia inizia subito a muoversi per dimostrare la falsità e la totale infondatezza delle accuse, ma si scontra contro un muro di gomma. Leggere questo libro fa desiderare di non incontrare mai persone come la psichiatra Melanie Cliff, che giudica Pitt non sulla base della testimonianza della figlia, ma su una frase del tutto comune pronunciata dall’uomo che la riporta alla sua infanzia (base piuttosto labile, dire…); persone come l’insegnante, la signora Dooms (che il cognome celi una profezia?), una donna anche troppo zelante che non esita a utilizzare nei confronti della bambina ogni mezzo pur di dar credito alle sue accuse, e che farebbe invece meglio a stare attenta alle persona che frequenta; e persone come l’assistente sociale Fiona, che ha dei paraocchi grandi come case e che dà per scontato che Mike sia colpevole non tanto perché ci sono prove che dimostrano la veridicità delle accuse, quanto piuttosto sulla base di pregiudizi che poi si rivelano assolutamente sbagliati. Ciò che fa paura di questo romanzo è la leggerezza con cui vengono lanciate accuse pesanti, l’effetto che anche il semplice sospetto di un abuso, peraltro inesistente, ha su una famiglia felice e concorde in cui le figlie sono amatissime, l’incredibile ottusità di una psichiatra che nemmeno davanti all’evidenza (la testimonianza di una collega) ammette il suo errore. Un errore che, però, ha distrutto una famiglia, che per fortuna era abbastanza unita dall’amore da superare i durissimi tre mesi delle indagini.
Leggere questo libro mostra una faccia diversa degli abusi sessuali sui minori: quella delle persone accusate ma innocenti, della loro fatica a scrollarsi di dosso le accuse di crimini che non hanno mai nemmeno pensato di commettere, all’interno di una società oramai estremamente sensibile a questo tipo di vicende, e la loro totale solitudine: accusato dalla maestra, dalla psichiatra e dall’assistente sociale (tre persone che, come ripeto, non si vorrebbe mai incontrare, ma che soprattutto, nei primi due casi, dovrebbero smettere di fare il loro lavoro se lo fanno a quella maniera), Mike arriva addirittura a chiedersi se non sia vero che ha abusato della figlia e poi se ne sia dimenticato.
La vicenda è dura e difficile, ma lo stile dell’autrice riesce a renderla fluida e scorrevole e a trascinare il lettore sempre di più, fino a fargli divorare le ultime pagine come per scoprire assolutamente come è andata a finire. Pagine che, purtroppo, sono in parte amarissime (personalmente sono rimasta un po’ scioccata dall’ottusità di una psichiatra che pur di mantenere il suo prestigio si comporta a quella maniera). Un libro che consiglio assolutamente, per tutto: per la tematica, per la vicenda, per la sua durezza, per la fragilità e per la forza dei protagonisti. Per le vicende secondarie che arricchiscono il panorama dei servizi sociali. E per lo stile dell’autrice, che ho adorato.
I nostri voti | |
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Trama | |
Personaggi | |
Stile | |
Ritmo | |
Copertina | |
Generale: |