Editore: Bompiani Genere: Narrativa
Pagine: 406
ISBN: 9788845263071
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Il nostro voto:
Una storia di violenza e ribellione, al sole di Sicilia, al sole di una mafia arcaica come la terra su cui prospera. Turi, che lavora come uno schiavo per pagare i debiti contratti con un latifondista; Possano, il predicatore-profeta che come un oracolo dice antiche verità inaccettabili per i potenti; Michele, che alla miseria preferisce la via del brigantaggio; Alfio, che vive il dramma dell’emigrazione in Venezuela; e Stellina, la figlia di Turi, che vuole vincere la più grande battaglia, quella contro la malattia e la morte. Personaggi come icone di un tempo segnato dalla lotta dell’uomo contro la natura e contro l’altro uomo. Una storia che ha la forza primordiale dei miti, ma il bisogno di speranza degli uomini di oggi.
Chi conosce Giuseppe Fava, lo ricorda soprattutto come drammaturgo e giornalista impegnato nella lotta contro la mafia o come il primo intellettuale ucciso da Cosa Nostra. Anche i critici l’hanno considerato un autore di secondo piano, aspettandosi forse che i suoi romanzi fossero dedicati all’impegno contro le cosche mafiose piuttosto che “semplici” storie di siciliani “qualunque”. Secondo me, la sua idea invece è geniale: per capire la mafia non basta raccontare la storia delle cosche o l’ascesa di Totò Riina, è molto più importante capire perché la delinquenza organizzata ha messo piede in Sicilia. E quale modo migliore che narrare la storia di un qualunque paese di provincia a cavallo tra le guerre, in cui la lotta per la sopravvivenza diventa necessità mafiosa?
I protagonisti di Prima che vi uccidano non sono mafiosi nel senso stretto, sono uomini costretti a lottare per vivere, uomini che vorrebbero ribellarsi alla vita, al paese, alla staticità di un mondo che di secolo in secolo non riesce a modificarsi. Sono anche dei vinti, sulla scia verghiana, che spesso non riescono a compiere fino in fondo la propria ribellione finiscono ammazzati. Rimane forte però, in tutti, la speranza, che sopravvive fino al finale, quando si apre un cielo azzurro su tanta disperazione.
Il nucleo principale della vicenda ruota attorno a Michele, un giovane cavatore che fugge con la sedicenne Stellina, malata di tubercolosi. Stellina rimane incinta e, per aiutarla a sopravvivere, Michele lotta duramente, fino a diventare un brigante. In questo quadro si inseriscono altri personaggi: il mite Lorenzo, che ha lottato per l’onore ma senza riuscire a trovare un perché alla vita, Antonio, crudele e passionale e Paolo, compagni di Michele nella vita da latitanti. C’è poi la famiglia Scirpu, una famiglia di contadini legati all’onore e alla terra, forse i personaggi più stereotipati del racconto, ma sempre molto ben caratterizzati. Emergono infine le figure dei grandi proprietari terrieri, iniziatori di una mafia legata all’agricoltura e al possesso della terra, tra cui spicca l’avvocato Ieli che sarà eletto deputato. Proprio Matteo Ieli, il figlio dell’avvocato, è l’unico personaggio che compie fino in fondo la sua ribellione, che rimane fedele al suo ruolo di anti-eroe coprendosi di eroismo: la ricerca di un senso della vita è vana-giunge a concludere- l’unica cosa che l’uomo possiede è il suo corpo e il piacere che può dargli e che bisogna sfruttare fino in fondo. I suoi sogni sono lontano dal paese e dal palazzo del padre e per raggiungerli egli compie l’unico atto che lo possa liberare: il suicidio.
Ciò che accomuna tutti questi personaggi è appunto la lotta per la sopravvivenza, una lotta dura, ognuno secondo i propri ideali (potere, cibo, onore, dignità), il cui scopo è guadagnarsi un posto nel mondo, essere considerati come uomini piuttosto che come bestie o poter evitare di essere sopraffatti da nuove forze emergenti. Questa lotta è spesso dura, alcuni passi del libro possono quasi provocare una reazione di schifo, ma è sempre tratteggiata con grande spessore e in tutte le sue componenti, senza censure perché combattere per ottenere ciò che vogliamo è quello che tutti facciamo prima di vedere il sole nero, prima di morire.
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