Traduttore: Angelo Morino
Editore: Mondadori Genere: Narrativa
Pagine: 141
ISBN: 9788804544753
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Il nostro voto:
"L'anno dei miei novant'anni decisi di regalarmi una notte di amore folle con un'adolescente vergine". Comincia così il nuovo romanzo di Gabriel Garcia Márquez, il libro con cui il premio Nobel colombiano torna dopo dieci anni alla narrativa. A raccontare è la voce dell'anziano protagonista, un giornalista eccentrico e solitario, che accanto a un'adolescente scopre il piacere inverosimile di contemplare il corpo nudo di una donna che dorme "senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore". Scopre forse per la prima volta l'amore, quello che non ha mai cercato in tutte le donne che ha incontrato e conosciuto, trovando "l'inizio di una nuova vita a un'età in cui la maggior parte dei mortali è già morta".
Con Memoria delle mie puttane tristi, uscito in Spagna nel 2004 e in Italia nel 2005, Gabriel García Márquez torna al romanzo dopo un silenzio durato dieci anni (e interrotto solo nel 2002 dalla sua autobiografia Vivere per raccontarla). È un libriccino i cui titolo e incipit parrebbero implicare chissà quale torbidume: e che perciò innegabilmente stuzzicano la curiosità .
Quella che si dipana nelle cento (o poco più) pagine, però, non è una vicenda “torbida” nel senso più comune del termine. “L’anno dei miei novant’anni decisi di regalarmi una notte di amore folle con un’adolescente vergine.” Il protagonista, giornalista e critico musicale mediocre, ha alle sue spalle letteralmente una vita di avventure, tutte rigorosamente pagate. Si rivolge dunque alla sua tenutaria di bordello di fiducia, che gli organizza la notte con una quattordicenne. Un infuso di bromuro e valeriana per tranquillizzarla, e la ragazza si addormenta: è così che la trova, al suo arrivo, il giornalista. Ed è così che continuerà ad incontrarla, secondo lo stesso rituale, per un anno.
Malgrado le sue intenzioni iniziali, il protagonista scopre “il piacere inverosimile di contemplare il corpo di una donna addormentata senza le urgenze del desiderio e gli intralci del pudore”. E, a partire da questa iniziativa eccentrica, si trova progressivamente a riguardare se stesso, il suo vissuto e la sua solitudine alla luce dell’amore che scopre per Delgadina (il nome che attribuisce alla sua bella addormentata).
Márquez appartiene facilmente a quella categoria di autori che “o si ama, o si odia”, e lo stesso si può dire di Memoria delle mie puttane tristi. Lo stile è sensibilmente più asciutto di altre opere più voluminose, e anzi, è talmente fluido da costituire un vero page turner, pur mantenendo la ricchezza e l’incisività già note del premio Nobel colombiano. È però un’incisività più cesellata, essenziale. Lo spirito, l’atmosfera sono i medesimi tipici suoi, però passano attraverso molte meno parole (e personaggi).
Romanzo controverso (peraltro bandito in Iran), il retro di copertina italiano collega Memoria delle mie puttane tristi all’Amore ai tempi del colera come suo ideale compimento; ma forse il primo soffre, nella sua ricezione, dell’accostamento al secondo, già riconosciuto capolavoro. Preso a sé, resta un romanzo affascinante e melanconico, capace anche in cento pagine di richiamare tutto il potere immaginifico di uno degli autori più evocativi della letteratura mondiale.
I nostri voti | |
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Personaggi | |
Stile | |
Ritmo | |
Copertina | |
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