“La giuria era pronta.”
– Ultima sentenza, John Grisham
Curiosità libresche
I romanzi di Jane Austen furono pubblicati anonimamente. Fu solo con la pubblicazione postuma di Northanger Abbey e Persuasione che il suo nome venne reso noto al pubblico.
Citazioni
Sono le difficoltà a mostrare gli uomini.
– Epitteto
This book is a collection of stores about the work of deported doctors trying to survive, and help others survive, in concentration camps during World War II.
"In very primitive conditions, these doctors managed to achieve what sometimes seemed like miracles and thus they became known as "Doctors of Mercy". I don't think any deportee would disagree that the "miracle doctors" snatched from the jaws of death more than half of those who survived. They had little other than their bare hands with which to achieve these results, they lacked medical equipment and supplies and found themselves in a subordinate position to the S.S. doctors, the kapos, or hospital orderlies, and sometimes even the hospital porters, but by sheer while, devotion to duty, professional competence, adherence to the sacred oaths of their calling, their courage and their mutual support, they achieved astonishing results."
This is part of a set of ~15 books describing different aspects of life during World War II.
"This edition is reserved for friends of history."
Non si chiede a un infelice: di quale paese o di quale religione sei? Gli si dice: tu soffri! Questo basta. Tu mi appartieni e io ti soccorrerò.
Pasteur (1886)
Lo dico subito: non è un libro di facile reperimento. Io ho avuto la fortuna di leggerlo perchè mio padre lo possedeva. Del resto, non è tra i titoli più famosi, benchè sia dedicato ad un argomento celeberrimo, di cui (giustamente) molto è stato scritto nel corso degli anni, la Shoah.
Io credo che questa sia un’opera di quelle che vale la pena dannarsi per cercarla. Perchè poi le informazioni che trasmette sono tanto interessanti che ne vale la pena. È uno di quei libri capaci di esercitare una specie di “fascino oscuro”, che parlano di cose orribili, ma che si sente di voler comunque sapere.
Da quanto ho potuto indagare, il libro faceva parte di una coppia: i due volumi erano intitolati “I medici maledetti” e – appunto – “I medici dell’impossibile”. Il primo volume era dedicato all’operato dei medici SS, quelli che hanno usato i prigionieri per i loro esperimenti di cui si ha tragica notizia. Il secondo, invece, parla degli altri medici presenti nei Lager. Quelli, a loro volta prigionieri, che operavano nei Revier, nelle infermerie dei campi. Quelli che avevano il compito di curare (molto spesso era più esatto dire “miracolare”) i pazienti prigionieri.
I medici maledetti distribuivano morte. I medici dell’impossibile cercavano di preservare la vita.
Christian Bernadac ha raccolto, in quest’opera, tutta una serie di testimonianze, tanto che può essere tranquillamente considerata un’antologia di sopravvissuti. Scegliendo con cura gli episodi più significativi dei vari deportati che hanno potuto vedere la Liberazione, l’autore francese ha messo insieme una specie di manuale del ricordo dedicato a questa particolare categoria di prigionieri, di cui non molto si sa. Vuoi perchè il loro numero era decisamente esiguo, vuoi perchè le condizioni fisiche del loro internamento non erano poi così disumane (non si può dire lo stesso a livello psicologico, del resto), vuoi perchè da resoconti di sopravvissuti ci si è abituati ad leggere altro.. ma proprio per questo motivo, occuparsi di un capitolo tutto sommato poco conosciuto della vita di un Lager è estremamente interessante.
In che condizioni avvenivano le operazioni? Quali erano le malattie che colpivano maggiormente i prigionieri? E soprattutto, in che modo questi dottori sono riusciti nel loro intento di salvere le vite di coloro che a loro si affidavano? Perchè non sempre ci si limitava all’aiuto medico. Spesso molto dottori hanno rischiato la vita (perdendola) per via di diagnosi fasulle, create ad hoc per trattenere qualche giorno, qualche settimana di più un paziente nell’infermeria, lontano dal lavoro e dal clima debilitante, oppure per salvarlo da incarichi che lo avrebbero portato alla morte.
La prospettiva non si ferma ai campi principali. Certo, si parla di Auschwitz, di Buchenwald, di Mauthausen, di Dachau, ma anche di quelli minori, dei campi poco famosi. Che ci si dimentica, visto che non si sentono mai nominare.
Quanti di voi conoscono, ad esempio, del campo di Salaspis, in Lettonia, dove si era istituita una specie di banca del sangue per l’esercito tedesco prelevandolo dai bambini internati? E chi sa la storia dell’infermiera di quel campo che è stata uccisa perchè, di notte, li avvolgeva in più coperte e li tirava al di là del filo spinato, dove venivano raccolti e salvati da alcuni contadini?
Il linguaggio non si risparmia i dettagli più raccapriccianti. Del resto, l’obiettivo è quello di raccontare semplicemente ciò che è stato. Non è colpa dello scrittore se l’argomento è orribile.
D’altro canto, anche questo è un modo per capire. Noi non capiremo mai completamente quello che ha significato vivere in quelle condizioni. Ma proprio per questa consapevolezza è bene per tutti impegnarsi a conoscere quante più cose possibili sull’argomento. Anche una conoscenza parziale, in questo caso, può essere molto più che utile.
Per facilitare la ricerca del libro, aggiungo la bibliografia. I MEDICI DELL’IMPOSSIBILE, di Christian Bernadac, Edizioni Ferni, 1977