
Traduttore: Enrico Groppali
Editore: Garzanti Genere: Classici, Teatro
Pagine: 512
ISBN: 9788811364412
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Il nostro voto:
L'opera di Schiller fu per tutto l'Ottocento la vera opera "classica" della letteratura tedesca, veicolo dei valori positivi della borghesia in ascesa che ne fece il "suo" autore. Altrettanto importante fu la sua influenza sulla letteratura di tutta l'Europa, da Coleridge e Carlyle a Constant e Puskin; e fu infine fecondissimo anche il suo rapporto con la musica, dall'inno "Alla gioia", musicato da Beethoven nel finale della Nona Sinfonia alle numerose opere che Verdi trasse dai suoi drammi. Nei testi qui raccolti emergono i temi principali del teatro schilleriano: l'attacco alle istituzioni sociali del suo tempo, il passaggio dalla rivendicazione della libertà politica alla coscienza della più impegnativa libertà morale d'ogni individuo, lo scontro inesorabile del mondo reale e di quello ideale.
Devo dire che mi sono avvicinata a questo libro più per ragioni di studio che per interesse ai temi narrati. Mi sono ricreduta un po’ sui primi due drammi, mentre il terzo non mi ha lasciato granché, purtroppo.
Il testo raccoglie tre drammi ad opera di Schiller; drammi che, però, non sembrano essere pensati per essere messi in scena. Lo stesso autore nella prefazione a I Masnadieri conferma di non aver scritto il dramma pensandolo per la scena, ma soprattutto per convogliare in quel tipo di narrazione il messaggio che si era prefisso di comunicare. E difatti la lunghezza delle scene e di alcuni monologhi, anche negli altri due drammi che compongono questa mini-raccolta, confermano che ciò che conta non è tanto la messa in scena, il pensare ai dialoghi, alle parole, ai gesti e alle indicazioni per il teatro; ciò che conta è il messaggio, il comprendere ciò che l’autore ha voluto dire.
I Masnadieri è un dramma in cui il male, inteso anche come vizio, la fa da padrone, e intrighi e sotterfugi determinano la trama e il suo svolgersi. Le azioni dei personaggi non appaiono immediatamente per quello che sono: basti confrontare le prime scene in cui compaiono i due fratelli protagonisti, Franz e Karl. I personaggi non sembrano molto partecipi delle proprie vicende, come se il loro scopo fosse narrarle a chi legge, e a volte la teatralità dei dialoghi, dei discorsi, e a tratti anche un po’ di patetismo risultano un po’ stancanti per il lettore. Ma tutto sommato è un dramma, anche se atipico, che si legge bene, che non permette di entrare del tutto nel cuore dei personaggi e che ti lascia quindi a chiederti, alla fine di tutto, il perché di certe cose, comportamenti, situazioni, scelte dei personaggi che non risultano sempre logiche e comprensibili (com’è giusto che sia, del resto). Un dramma che m’è piaciuto abbastanza, e che approfondirò fortunatamente per motivi di studio, ma che sconsiglio a chi ama leggere il teatro “puro”, quello scritto per essere poi interpretato. Questo non è un dramma che si addice alla scena (anche se si potrebbe comunque pensarne una rappresentazione), è più un dramma che va letto come un romanzo.
Stesso discorso, secondo me, valido anche per Don Carlos. I personaggi di questo dramma sono molto interessanti, e la trama, anche se in certi punti subisce rallentamenti, sa tenerti avvinto fino a che non arrivi alla fine. C’è un po’ di estremizzazione nella caratterizzazione dei personaggi (da una parte, i rappresentanti del ‘bene’, al maschile e al femminile, e dall’altra i loro opposti), ma tutto sommato non è un difetto. Esalta maggiormente i nodi fondamentali della trama. Ho apprezzato poco, come nel dramma precedente, una certa teatralità e pateticità nei dialoghi e nei gesti; ma in definitiva mi è piaciuto molto questo confronto tra la corruzione che vuole istigare il dubbio della corruzione ovunque, e la forza morale degli altri. Mio personaggio preferito il Marchese di Posa, per il suo meraviglioso gesto d’amicizia. Il finale lascia un sapore molto amaro in bocca, anche se leggendo non si riesce a pensare a un possibile lieto fine. Ma l’incertezza, anche se bene o male si intuisce cosa succederà dopo, lascia quel senso di nostalgia, di rammarico, una sorta di consapevolezza che tutto avrebbe potuto prendere un’altra piega.
Un dramma che invece mi ha appassionato molto, molto poco è stato Maria Stuarda, che curiosamente è anche quello che ho finito più in fretta. C’è da dire che non mi piace il personaggio di Maria Stuarda, trovo infinitamente più affascinante ed intrigante quello di Elisabetta I, e questo dramma ha un po’ la tendenza a “schierarsi”, diciamo così. Anche qui, la teatralità spiccata di alcuni dialoghi e gesti mi ha infastidito, anche se devo ammettere che l’effetto era amplificato dalla mia personale antipatia per la protagonista. Il dramma si svolge nei giorni immediatamente precedenti al supplizio di Maria Stuarda; il suo confronto con Elisabetta è spesso presente, e la mia favorita viene sempre dipinta come perdente. Come dicevo all’inizio, in definitiva mi ha lasciato poco, se non l’impressione di un forzare la mano che non è piaciuto. Ho avuto l’impressione che il dramma fosse poco neutro, cosa che invece apprezzo nei drammi storici. Ma tutto sommato l’ho letto piuttosto in fretta, sintomo che qualcosa di buono c’è, ma non riesco a chiarirmi cosa.
Come dicevo, un “purista” del testo teatrale forse lo apprezzerà poco. Ma devo dire che è comunque una lettura piacevole di un classico importante.
I nostri voti | |
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Trama | |
Personaggi | |
Stile | |
Ritmo | |
Copertina | |
Generale: |