Traduttore: Ilide Carmignati
Editore: Mondadori Genere: Narrativa
Pagine: 120
ISBN: 9788804543220
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Il nostro voto:
Un paese arido e spopolato, bagnato da un mare crudele che lo ricopre di "pattume", improvvisamente pervaso da un insopprimibile odore di rose. Il cadavere di un annegato, dalle dimensioni sovrumane e dalla bellezza travolgente, che, approdato sulla spiaggia di un minuscolo villaggio caraibico, ne sconvolge per un attimo la lenta vita. Le straordinarie creazioni di Babilano, ciarlatano e inventore, indovino e taumaturgo, mago e artista. Queste, con altre, le fantastiche immagini ispiratrici dei sette racconti-fiaba che testimoniano la stagione più consapevole e felice di Márquez.
Questo libro è una raccolta di sette racconti scritti a cavallo tra anni ’60 e ’70 e prende il nome dal più lungo di essi. Lo stile di Marquez viene descritto spesso come “realismo magico” e la lettura di questi racconti non può che confermarlo: dall’angelo troppo vecchio per volare che vive rinchiuso in un pollaio e soddisfa la curiosità dei visitatori all’annegato più bello che si sia mai visto; dal venditore di miracoli che si scopre essere un truffatore al ragazzo che riesce a vedere un vascello fantasma e a farlo riemergere dalle nebbie del tempo; da Tobìas che sente l’odore di rose provenire dal mare alla placida Eréndira costretta dalla nonna prostituirsi, i personaggi che popolano queste storie sono “magici”. Attraverso la loro diversità riescono tuttavia a narrarci la durezza della vita nel continente sudamericano, la tragedia personale in cui a volte siamo vittime e carnefici di noi stessi e il bisogno di speranza che alberga in ognuno di noi. Rispetto ai romanzi che hanno reso celebre Marquez, come Cent’anni di solitudine e L’amore ai tempi del colera, il breve spazio dei racconti non consente dettagliate descrizioni dei protagonisti, che quindi vengono posti al centro della storia grazie alle loro caratteristiche peculiari e non umane; i veri protagonisti della narrazione sono però lo Spazio e il Tempo: tutti i personaggi vivono in piccoli villaggi dimenticati da Dio, bruciati dal sole e dalla salsedine, ormai pallide ombre dei fastosi paesi di un tempo, in cui ogni evento appare come un sogno irreale. Il tempo è invece circolare e, sempre rispetto ai romanzi, si fa più pungente il pessimismo dell’autore: la speranza che un evento all’inizio del racconto riesce ad instillare nei personaggi viene delusa alla fine di esso, tutto torna come prima.
È diverso il caso del racconto che dà il nome al libro in cui si assiste alla maturazione di Eréndira, da timida adolescente ad appassionata amante di Ulises, un giovane dal cuore puro. Queste pagine rispondono, a mio parere, ad una delle critiche mosse spesso a Marquez da critici e scrittori suoi conterranei, quella di dipingere il continente sudamericano dal punto di vista dei conquistadores europei: in queste pagine sono infatti ben visibili sia le difficili condizioni di vita degli indios sia il fascino e la purezza della loro cultura sia il difficile rapporto degli stranieri con queste terre, il tutto velato ovviamente dallo straniamento che rappresenta uno dei tratti stilistici ricorrenti dell’autore colombiano.
La struttura di questa raccolta ricorda quella di un concept album musicale: c’è un filo che lega tutte le storie, rappresentato non solo dall’ambientazione comune ma anche dall’apparire dei personaggi di ogni racconto anche in alcuni degli altri. In realtà proprio le due protagoniste “principali”, Eréndira e la nonna, erano già apparse in Cent’anni di solitudine, in cui la giovane prostituta fa accendere di passione il futuro colonnello Aureliano Buendìa.
In conclusione, ritengo che la lettura di questa raccolta poco nota rappresenti sia un buon modo di accostarsi alla lettura del premio Nobel da parte di chi non lo conosce ancora che una lettura unica e imperdibile per i suoi affezionati lettori.
I nostri voti | |
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