Traduttore: Giorgio Pinotti
Editore: Adelphi Genere: Narrativa
Pagine: 184
ISBN: 9788845917950
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Il nostro voto:
Un uomo e una donna si incontrano per caso mentre tornano al loro paese natale, che hanno abbandonato vent'anni prima scegliendo la via dell'esilio. Riusciranno a riannodare i fili di una strana storia d'amore, appena iniziata e subito inghiottita dalla palude della storia? Il fatto è che dopo una così lunga assenza "i loro ricordi non si assomigliano". Crediamo che i nostri ricordi coincidano con quelli di chi abbiamo amato, crediamo di avere vissuto la medesima esperienza, ma è solo un'illusione. D'altro canto, che può fare la nostra memoria, quella memoria che del passato non ricorda che una "insignificante minuscola particella"? Viviamo sprofondati in un immenso oblio e ci rifiutiamo di saperlo.
L’ignoranza, scritto da Milan Kundera, è un brevissimo romanzo incentrato sul ritorno alla propria terra natia dopo aver passato un lungo periodo all’estero come esuli.
Lo scenario è l’Europa della Guerra Fredda, stretta nella morsa d’acciaio dell’Unione Sovietica e del Comunismo. In particolare, tutti i protagonisti provengono dalla Cecoslovacchia, hanno abbandonato le loro famiglie, la loro patria e sono “fuggiti” in altre nazioni non assoggettate al Comunismo.
Stringendo i denti, e a prezzo di grandi sacrifici, gli esuli hanno ricominciato una nuova vita come rifugiati politici. Sono stati aiutati, perché vittime di oppressione e, quando il regime è caduto, sono tornati a trovare i propri cari e a rivedere il paese che avevano lasciato molti anni prima.
Nella brevità del libro, Kundera riesce ad inserire numerosi spunti di riflessione, e più che la trama in sé (che è pur sempre di notevole interesse) è il modo in cui le problematiche vengono affrontate che colpisce.
Kundera descrive l’esilio sia dal punto di vista dell’esiliato, sia dal punto di vista degli altri. Questi ultimi, in particolare, attribuiscono a chi è lontano dal proprio paese, idee e sentimenti che non gli sono propri. Credono che egli sia infelice, che il suo principale desiderio sia quello di tornare nella propria terra, che la nostalgia sia forte e via dicendo… Essi non potrebbero mai accettare che un esule sia felice all’estero e che abbia dimenticato i suoi cari, la sua casa. Tutti sono convinti che sia un dovere tornare a casa, proprio come Ulisse che, vagando per tutto il Mediterraneo, agognava sempre alla sua Itaca.
“Ma Itaca era realmente degna di Ulisse?”, si chiede Kundera.
Probabilmente, no. Il bisogno del ritorno è più un qualcosa che esiste nella mente di ogni esule, ma senza che egli lo senta veramente. Si potrebbe dire che l’esule ritorna alla terra natia perché così è richiesto dalla consuetudine, dall’opinione comune, dall’ «è giusto così!»
Il ritorno in patria si ricollega alla rievocazione del passato, al ricordo e alla modalità con cui questo viene registrato. Ognuno di noi, nella sua vita, ha fatto numerose esperienze, visto tantissime cose… ma solo una minima parte di esse entra a far parte del bagaglio di ricordi. Inoltre, è molto difficile che due persone abbiano lo stesso ricordo riguardo l’esperienza vissuta da entrambi. Quando ricordiamo, estrapoliamo porzioni di realtà , le modifichiamo, le riviviamo più volte, soggettivamente.
Il protagonista si trova davanti a questo enigma, quando tornato in Boemia nella sua vecchia casa, trova un diario che aveva scritto in gioventù. Egli non riconosce sé stesso, non ricorda quasi nessuna delle vicende narrate. Il tempo ha modificato la sua memoria ed egli guarda al passato quasi con vergogna.
È il non sapere, l’ignoranza, l’aspetto principale del libro, ma quest’ignoranza non riguarda né nozioni, né argomenti culturali, ma ha a che fare con la vita delle persone.
Gli altri non sanno niente di noi, non s’interessano, vivono ignorando completamente ciò che accade ai loro cari e per chi vive lontano dalla famiglia, esule in terra straniera, quest’ignoranza è ancora più forte. Si è come morti, come spariti per sempre e quando si ritorna a casa, gli anni vissuti all’estero sono solamente una parentesi da cancellare.
La prosa è semplice, lineare, e il modo di narrare è quasi espositivo, saggistico. C’è una storia, il ritorno in patria degli esuli, il loro passato, i loro incontri con famiglia e amici, la loro partenza, e ci sono tutte le digressioni che si fanno attorno all’esilio, al ricordo, al ritorno in patria, alla memoria.
Un libro intenso che cerca di dipanare i complessi meccanismi della psiche umana, legati al ricordo e alla nostalgia e che a me, personalmente, è piaciuto molto.
I nostri voti | |
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Personaggi | |
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Ritmo | |
Copertina | |
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