Traduttore: Enrico Cicogna
Editore: Mondadori Genere: Classici
Pagine: 404
ISBN: 9788804314639
Compra su: IBS :: Amazon :: Feltrinelli :: Libraccio
Schede libro: Sito editore :: Goodreads :: Anobii
Il nostro voto:
Il libro racconta la storia centenaria della famiglia Buendia e della città di Macondo. In un intreccio di vicende favolose, secondo il disegno premonitore tracciato nelle pergamene di un indovino, Melquiades, si compie il destino della città dal momento della sua fondazione alla sua momentanea e disordinata fortuna, quando i nordamericani vi impiantarono una piantagione di banane, fino alla sua rovina e definitiva decadenza. La parabola della famiglia segue la parabola di solitudine e di sconfitta che sta scritta nel destino di Macondo, facendo perno sulle 23 guerre civili promosse e tutte perdute dal colonnello Aureliano, padre di 17 figli illeggittimi e descrivendo in una successione paradossale le vicende e le morti dei vari Buendia.
Questo libro viene considerato come quello che consentì al suo autore di vincere il premio Nobel. E non a torto. E’ un romanzo quasi sconvolgente, pur nella sua apparente semplicità e ripetitività. Anzi, soprattutto per la ripetitività.
La storia si svolge nell’immaginario villaggio di Macondo, un luogo isolato e fuori dalla “storia dei popoli” e racconta le vicende della famiglia del fondatore del villaggio, Jose Arcadìo Buendìa, in un arco di cento anni. Niente di particolarmente originale si potrebbe pensare, ma è l’eccezionalità delle vicende a tenere il lettore incollato al libro, magari anche con un sorriso un po’ canzonatorio: le visite degli zingari, il ghiaccio che scotta, l’ascensione al cielo di una nipote, 4 anni di pioggia ininterrotta e le facoltà divinatorie dei personaggi sembrano qualcosa di ingenuo. Eppure servono a trasportare il romanzo su un altro piano, più profondo ed intimo, parlando non alla nostra ragione, ma al sentimento, alla nostra componente irrazionale.
Sopra tutte le vicende dominano il tempo ed il destino inevitabile, scritto già molto tempo prima della nascita dei personaggi. Il destino risiede nel nome, nella stirpe degli Aureliano, più passionali, e degli Josè Arcadio, votati alla guerra.
Il tempo a Macondo si arresta, rimane impigliato nella sua stessa rete, rimanendo fermo per l’eternità, e solo i personaggi più lucidi riusciranno a capirlo, venendo considerati pazzi. Tutta la storia è come una spirale concentrica, la storia del fondatore si ripeterà in quella del figlio, che si rifletterà in quella del suo figlio, in una continuità e una rovina senza soluzione: sempre gli stessi mali, gli stessi caratteri, la stessa degenerazione, lo stesso atteggiamento, la stessa fine.
Quando ho comprato questo libro non avevo ancora letto nient’altro di Marquez, e, avendo letto molte recensioni, le mie aspettative erano alte, ma dubbiose. Molti considerano questo libro noioso e complicato, soprattutto per il ripetersi degli stessi nomi nell’arco del racconto, lo ritengono prolisso e quasi inutile. Il mio consiglio è di non spaventarsi per la mole e per lo stile delle prime pagine, ma immergersi tranquillamente, a mente libera, non pensando all’autore, al periodo in cui è stato scritto e alle critiche. Per facilitare la comprensione (e anche perché è divertente) sarebbe meglio fare un albero genealogico e aggiornarlo durante la lettura.
Consigliato a tutti.
I nostri voti | |
---|---|
Trama | |
Personaggi | |
Stile | |
Ritmo | |
Copertina | |
Generale: |
La componente "ingenua" del libro è molto importante. Tutte le parti fantastiche, che non a caso hanno dato il via alla definizione di realismo magico applicata a questo romanzo, possono essere interpretate come un tentativo di raccontare l’esperienza di una comunità arcaica come quella di Macondo. Sta di fatto che proprio quei pezzi sono i più affascinanti del libro: l’atmosfera allucinatoria di certi episodi, come il massacro nella piazza oppure la malattia del sonno che contagia la comunità di Macondo, oppure certa popolare ingenuità nell’episodio del ghiaccio, con cui si apre il romanzo.
P.S. Se questo libro viene giudicato pesante per stile, chissà come viene catalogato L’autunno del patriarca!
Concordo con te, è proprio l’atmosfera sognante a rendere il libro superiore al resto della produzione di Marquez (che pure io adoro…).
Chi ha giudicato pesante questo stile o.ò? Ho perso qualcosa mi sa XD
ihih…prova a cercare su internet "recensioni cent’anni di solitudine" e vedrai un po’ di gente che, evidentemente, parla un po’ a sproposito, anche se si dice sempre "de gustibus non est diputandum…"