Traduttore: Gianni Pilo, Sebastiano Fusco
Editore: Newton & Compton Genere: Gotico & Horror
Pagine: 152
ISBN: 9788854100169
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Schede libro: Sito editore :: Goodreads :: Anobii
Il nostro voto:
Contiene:La casa stregataL'orrore a Red HookL'orrore di DunwichI sogni nella casa stregata
Il racconto La casa stregata venne ispirato a Lovecraft da una casa realmente esistente a Providence, da lui definita «maledetta o nutrita di cadaveri». Il tema di antichi orrori che si risvegliano, di misteriose auree demoniache, la suspense e il senso di oppressione soprannaturale trasmessi da queste pagine si incontrano anche nel celebre L’orrore a Red Hook, molto citato dagli appassionati di Lovecraft che sostengono l’ipotesi che lo scrittore fosse un affiliato di una setta occulta, vista la precisione con cui riporta alcune formule usate durante rituali esoterici. Con L’orrore di Dunwich entriamo in un altro mondo, in quell’universo alieno inaugurato dalla figura di Cthulhu che lo scrittore svilupperà in una serie di famose raccolte. Ne I sogni nella casa stregata Lovecraft introduce un’intuizione che influenzerà molti scrittori di fantasy suoi contemporanei: l’orrore non proviene solo dallo spazio infinito, ma anche dall’infinità di universi paralleli al nostro. Creatore e caposcuola incontestato del filone dell’orrore soprannaturale, Lovecraft fa risalire le radici della sua narrativa alle angosce e agli incubi più oscuri dell’animo umano.
«Perfino negli orrori più spaventosi di rado manca l’ironia. Talvolta essa entra direttamente nell’insieme degli avvenimenti, mentre altre volte è legata soltanto alla posizione fortuita di questi tra le persone ed i luoghi.»
“Perfino negli orrori più spaventosi di rado manca l’ironia.”
Prima di tutto, tenete presente che questa recensione contiene spoiler.
La casa stregata, che raccoglie tre delle opere considerate tra le migliori di Lovecraft: La casa stregata, L’orrore di Dunwich e L’orrore a Red Hook. Una cosa che ci tengo a dire è che Gianni Pilo, curatore di questo volume, è preciso, attento e mai noioso nell’introduzione, che può anzi rivelarsi necessaria se si è digiuni dell’opera di Lovecraft: io non ne avevo mai letto nulla, ma la presentazione del volume e la cronologia della vita e delle opere di questo grande autore mi hanno immesso nell’atmosfera che permea le tre opere che compongono il volume. Quindi sicuramente consiglierei questa edizione, che tra l’altro è piuttosto economica (il volume l’ho comprato lo scorso autunno e l’ho pagato 4 €).
Detto questo, ciò che ho notato personalmente in questi tre racconti (e anche in quelli dell’altro volume, che recensirò a breve) è la comunanza di alcuni temi, luoghi, nomi ricorrenti che compongono l’universo di Lovecraft. I luoghi descritti, seppur spesso immaginari, sono estremamente realistici e si potrebbe anzi pensare che li si possa trovare, da qualche parte; la città di Arkham, la sua università , le conoscenza proibite sparse nelle biblioteche e che evocano questi esseri orridi del tutto originali e spaventosi possono essere sovrapposte a cittadine, università , biblioteche reali. La tecnica narrativa è tale da dare, poco alla volta, delle nozioni vaghe eppure orripilanti dell’orrore che viene man mano raccontato, tanto che, quando vengono usate espressioni che indicano l’indicibilità di certi orrori, non si fatica a crederlo. E questo secondo me è davvero notevole, perché personalmente ho sempre trovato fastidiose espressioni come “ancora non sapevo che…”, “non posso descrivere quanto…” e via discorrendo, ma qui sono inserite in contesti che fanno davvero credere che l’incontro con il mostruoso abbia generato uno stacco così profondo dalla realtà precedente, abbia spezzato il linguaggio così violentemente, che sia impossibile immaginarlo, per chi non lo ha vissuto, o impossibile da raccontare per chi invece l’ha fatto.
Un’altra cosa che ho apprezzato tantissimo è l’introduzione della mostruosità nella realtà delle cose attraverso cenni letterari, folkloristici, mitologici che fanno davvero credere che fosse possibile che quell’orrore esistesse e che sembrano, in alcuni casi, avvallare anzi l’ipotesi dell’esistenza di creature immonde e inimmaginabili. In tutti e tre i racconti del volume, si possono trovare citazioni, ricerche da parte degli antagonisti del Male, indagini che portano man mano alla luce quello che non dovrebbe esistere, e che si allacciano spesso a località determinate, che hanno tradizioni ben precise per quanto riguarda riti blasfemi o leggende di vampiri e quant’altro, e nel mio preferito, “L’orrore a Red Hook”, ci sono addirittura citazioni di testi reali, e non inventati come invece possiamo ritrovare in “L’orrore di Dunwich”. È un modo di lavorare che trovo molto onesto da parte del narratore, che si allaccia o a una realtà che noi stessi possiamo vivere, o ne crea una che è perfettamente sovrapponibile alla nostra, anche nei testi proibiti, e poi la permea di immagini fantastiche e orripilanti che diventano così estremamente vivide e reali.
Un’altra cosa poi che ho ritrovato in tutti e tre i racconti e che mi ha colpito è come il Male sia sempre accompagnato da un odore pestilenziale, quasi asfissiante, che si fa sempre più forte man mano che la creatura che lo incarna e sprigiona si avvicina ai protagonisti (e anche a noi lettori). Mi ha ricordato in alcuni tratti l’Inferno dantesco, in cui alcuni gironi emanavano un odore soffocante e insopportabile: e la cosa geniale, a mio avviso, è che si fondano insieme tratti a cui siamo abituati (in questo caso il tema dell’odore, che ho riallacciato a qualcosa che conoscevo) a caratteristiche del tutto peculiari di Lovecraft. I suoi mostri, infatti, non sono i soliti vampiri, i soliti demoni, le solite creature del male: i suoi mostri sono spesso quasi inimmaginabili, nonostante la vividezza di alcune immagini e di alcune descrizioni, e fanno parte di un universo che appunto è soltanto di questo autore.
Fatti questi cenni preliminari, vorrei adesso commentare uno per uno i racconti della raccolta 🙂
La casa stregata
Ad aprire il volume e dare il titolo al volume è “La casa stregata”, da cui è tratta anche la citazione con cui ho iniziato questa recensione. L’inizio è molto interessante, perché lega l’immagine della casa stregata e dei miti e leggende che la circondano a personaggi e situazioni reali: in questo caso, viene introdotta addirittura dal personaggio di Edgar Allan Poe. L’autore, per l’occasione in prima persona, ci dice che, nonostante le passeggiate che l’hanno portato più volte a passare davanti a questa casa, Poe non ne abbia mai colto l’orrore nascosto, per quanto la vegetazione e le cattive condizioni della casa le diano un’atmosfera sinistra che invece agli abitanti, e soprattutto al nostro narratore, non sono mai sfuggite. Quello che sembrano soltanto dicerie, pettegolezzi, maldicenze su un edificio che ha visto la morte bizzarra di un numero elevato di persone viene quindi presentato come un qualcosa di più importante, di spaventoso, che è stato celato ai più proprio per l’entità della sua mostruosità : una creatura immonda, sepolta sotto la casa in tempi lontani, che da secoli si ciba della vita di persone e della vegetazione per crescere e rafforzarsi.
Il nostro narratore fa ricerche negli archivi, cerca prove, spiegazioni anche a tutto ciò che può sembrare più bizzarro, come gli incoerenti mormorii in francese al momento della morte da parte di persone che non conoscono quella lingua: e finalmente, una volta cresciuto, trova l’approvazione del vecchio zio, che lo aiuta a svelare il mistero.
È a questo punto che l’atmosfera si fa insieme più vivida e più ricca d’immaginazione: dormendo nella casa per risvegliare la creatura che la infesta, i due uomini fanno sogni terribili che ci vengono descritti in maniera sommaria, ma precisa, e che necessitano di uno sforzo di fantasia da parte nostra per essere compresi fino in fondo. E poi vediamo le muffe che diventano antropomorfe, vediamo e sentiamo gli odori pestilenziali che avvolgono il vecchio zio del narratore e lo uccidono, e vediamo mille volti, di chi è stato catturato e ucciso prima di lui, scorrere in un’immagine mostruosa su quella muffa repellente.
E poi ancora l’odore della distruzione di questa creatura, che il nostro narratore scioglie con l’acido, fino a svenire per la puzza nauseabonda che lo circonda: e solo allora la casa può essere affittata, e la vegetazione torna a seguire il corso della natura.
Dei tre, devo dire, questo è il racconto che m’è piaciuto meno. Nonostante il suo estremo realismo, nonostante l’atmosfera in cui veniamo prima calati poco alla volta e poi gettati con quei sogni mostruosi e l’orrenda morte dello zio del narratore che rimangono comunque mirabili, trovo che sia il meno riuscito dei tre. È come se gli mancasse qualcosa, anche se non saprei dire cosa (e non credo nemmeno di avere le conoscenze per farlo); è forse per il fatto che questo mi è sembrato il racconto meno legato all’universo peculiare di Lovecraft che mi ha così ipnotizzata. È comunque un racconto ben riuscito, e devo dire che non mi è spiaciuto, nonostante tutto, incontrare questo autore tramite questo racconto.
L’orrore di Dunwich
Il secondo racconto della raccolta è dedicato alla cittadina di Dunwich, e agli avvenimenti che le hanno lasciato addosso il ricordo di una creatura, il suo orrore, appunto.
Dunwich ci viene descritta come una cittadina in forte degrado: le case sono spesso abbandonate e sporche, e l’aria è piena di “un odore sottile e maligno” che pure non è nulla rispetto a quello con cui verremo a contatto più avanti. Non ci sono insegne per questo paese, che risulta fin dal principio immorale, sordido (e a questo proposito, la citazione di un sermone è magistrale); e anche il suo orrore, che pure lo ha segnato così tanto, è qualcosa di poco conosciuto, qualcosa di cui tanti parlano ma che nessuno ha realmente visto; e poi scopriremo il perché.
Protagonisti della vicenda sono i Whateley, e soprattutto Wilbur, un bimbo deforme che in molti ritengono il frutto dell’incesto tra il vecchio Whateley e sua figlia Lavinia, una donna strana, albina, che si diletta nel passeggiare durante i temporali e che partorisce quando sulla collina accanto al villaggio si odono orrendi rumori, quasi satanici. Il nonno non è meno “strano”, o meno chiacchierato dalla gente del villaggio: è anzi accusato di aver praticato strani riti, il suo comportamento dopo la nascita del nipote dà adito alle illazioni più disparate, e si lascia andare ad una singolare profezia: “un giorno, gente, sentirete il figlio di Lavinia chiamare suo padre per nome dalla cima della Sentinel Hill!”. Gli avvenimenti che seguono sono interessanti e singolari, e vagamente inquietanti: la casa viene poco alla volta “sigillata”, del bestiame viene acquistato con dell’oro antico nonostante le stalle dei Whateley siano quasi sempre vuote, e soprattutto la crescita di Wilbur è quanto mai incredibile, dato che sembra sempre molto più grande di quanto non dica l’età anagrafica, tanto che parla in maniera fluente a soli 19 mesi, e inizia ben presto a leggere i libri antichi e spaventosi che suo nonno custodisce in casa, e che gli affida al momento della sua morte (a questo proposito è interessante notare come tutte le morti dei Whateley siano accompagnate dai rumori dei succiacapre, animali che, si diceva, succhiassero l’anima ai defunti).
Il giovane Wilbur continua quindi nella sua strabiliante crescita, e viaggia per scoprire un antico testo che gli è necessario per compiere i suoi riti blasfemi; testo che trova ad Arkham, ma che non gli viene concesso in prestito perché il dottor Armitage ne intuisce la pericolosità : anche questo ci viene narrato attraverso una citazione interna. Ben presto Wilbur è costretto a tentare il furto del libro; ed è in questa occasione che perde la vita, rivelando la sua natura che ha ben poco di umano.
È solo a questo punto che il vero orrore di Dunwich si rivela. La casa dei Whateley, che era stata sigillata, viene sventrata e un terribile mostro, anche se invisibile, inizia ad aggirarsi per la cittadina spazzando via due case, senza che si possano ritrovare né cadaveri, né superstiti. Ad Arkham, intanto, il dottor Armitage decifra e studia un inquietante manoscritto di Wilbur (di cui Lovecraft ci rivela un estratto), giungendo alla conclusione che qualcosa di terribile si abbatterà sul mondo, se non interverrà a fare qualcosa per fermarlo. È a questo punto che la tensione narrativa sale, le immagini si fanno più evocative, fino alla scoperta della vera natura dell’orrore che opprime Dunwich, grazie all’intervento di Armitage, Rice e Morgan: “più grosso di una stalla…tutto fatto di corde aggrovigliate…l’involucro press’a poco come un uovo di gallina, ma molto più grosso, con dozzine di gambe come barilotti che si chiudono a metà quando camminano…Non c’è niente di solido in lui: è tutto di gelatina, fatto di funi attorcigliate che si stringono l’una all’altra…e tutto coperto da grandi occhi sporgenti…dieci o venti bocche o proboscidi che sporgono lungo i fianchi, grandi come tubi di stufa, che si agitano, si aprono e si chiudono…È tutto grigio, con degli anelli blu o porpora…e…Dio del cielo…quella mezza faccia in cima…“. Solo ora, anche noi lettori scopriamo il perché dei rumori acquosi nella casa dei Whateley, e il perché dell’appiattirsi della vegetazione al passaggio del mostro. È attraverso gli occhi degli increduli e terrorizzati abitanti di Dunwich che assistiamo all’incantesimo che i dottori Armitage, Rice e Morgan compiono per cacciare via la mostruosa creatura; e vediamo compiersi la profezia del vecchio Whateley, inquietante per il suo contenuto e rassicurante, in maniera contorta, per il contesto opposto rispetto a quello immaginato dal vecchio.
L’orrore di Dunwich può essere archiviato; e agli abitanti rimane solo la certezza che Wilbur quella creatura “non l’ha chiamata: era il suo fratello gemello, ma assomigliava al padre più di lui“, e che hanno evitato l’arrivo di creature ben più mostruose.
L’orrore a Red Hook
È il racconto che tra i tre, ho preferito. Il tutto è narrato attraverso gli occhi nervosi di Malone, un poliziotto che non sopporta più la vista di alcuni edifici per l’orrore che ha visto nei loro sotterranei, e che pure non può raccontare, perché “l’orrore, visto nella sua più profonda essenza, non poteva essere il fondamento di una storia, in quanto, come dice l’autore tedesco citato da Poe, es lasst sich nicht lesen: non si lascia leggere.”
Malone ha il sangue dei celti nelle vene, e quando inizia ad indagare sulla persona di Robert Suydam percepisce l’orrore di cui diverrà testimone; loschi traffici hanno luogo a Red Hook, arrivano tantissime persone, per lo più clandestini curdi dallo strano dialetto, ma troppo poche se ne vanno; si incontrano in una chiesa sconsacrata adibita a sala da ballo, in cui vengono ritrovate incisioni inneggianti a Ecate e le cui immagini di santi diventano crudeli e lascive parodie. Suydam accoglie i clandestini in alcuni seminterrati da lui affittati, in cui la polizia trova oggetti strani, lingotti d’oro con incisioni particolari, ma nulla per cui si possa accusare l’uomo, che anzi, dopo il tentativo dei parenti di farlo rinchiudere in manicomio, inizia a frequentare l’alta società e si fidanza.
È dal suo matrimonio che si sviluppa l’orrore che sfilerà davanti agli occhi di Malone: quando gli sposi sono al largo, sulla nave che li porterà in viaggio di nozze, un grido squarcia l’aria e la coppia viene trovata morta; la donna, in particolare, è stata strangolata, ma da qualcosa che pare un artiglio, e la scritta “Lilith” è comparsa nella stanza. Loschi figuri vengono a prendere il cadavere di Suydam; nel frattempo Malone è già preda del vortice di Male che lo segnerà così a fondo. In uno dei seminterrati, infatti, è riuscito a sfondare una porta; e ha trovato al di là abissi profondi, pieni di tutte le figure che i miti e le leggende hanno spesso creato per rappresentate tutto
ciò che è orrido. Di fronte a lui ci sono Incubi, Succubi, capri, fauni, Lilith su uno scranno d’oro che attende il suo sposo, il cadavere di Suydam, creature mutilate che gridano pietà e che vengono divorate; l’odore, ancora una volta, è soffocante, e Malone non riesce a credere a ciò che vede; il salmo inciso nella chiesa sconsacrata viene cantato dalle figure in processione, accompagnato da rumori agghiaccianti che non fanno che aumentare la tensione. È come se dietro a quella porta si fosse celato l’inferno intero di tutto quello che ha spaventato l’umanità nel corso dei secoli, e che si spegne solo quando, in un’immagine raccapricciante, il cadavere di Suydam si slancia contro lo scranno di Lilith gettandolo nelle acque torbide e maleodoranti sottostanti.
Nello stesso momento, tutti i seminterrati di Suydam si schiantano al suolo senza motivo, uccidendo molti poliziotti; e la cosa ironica, seppur terribile, è che le paure di Malone vengono successivamente attribuite alla morte di queste persone e non agli orrori di cui è stato testimone, nonostante le scoperte di oggetti e relazioni tra la casa di Suydam e la chiesa sconsacrata che fanno pensare a riti blasfemi, nonché di prigionieri ormai folli e di bambini deformi che muoiono appena portati all’esterno. I canali di collegamento vengono dragati, carne putrescente e ossa ritrovate; solo uno è troppo profondo, e il lettore sa, a questo punto, che è l’abisso in cui lo scranno e tutto il Male indicibile sfilato davanti a Malone è sprofondato.
Ciò che ho preferito di questo racconto è il suo finale. Il quartiere di Red Hook non è cambiato; Suydam era solo uno dei tanti. Nella chiesa, c’è ancora la sala da ballo, ancora popolata di loschi figuri. I riti che hanno richiamato l’orrore che ha straziato Malone sono celebrati da altri; altri canali celano i misfatti. E le donne insegnano ancora ai bambini il salmo spaventoso che inneggia a Ecate, e richiama il Male.
Lo trovo geniale, semplicemente. Inquietante perché dà l’idea di un Male indicibile, invincibile, che trova sempre più adepti, che si nutre di chi arriva e viene rapito, che fa impazzire i prigionieri delle cripte e genera figli mostruosi che non possono venire alla luce. DÃ l’idea di qualcosa che era troppo grande per Suydam, che pure voleva governarlo, e vincerlo; dà l’idea di qualcosa che non può essere sconfitto. È un finale aperto, secondo me. Non è la vittoria sulla creatura che si scioglie nell’acido, non è l’incantesimo che uccide il mostro sulla collina. È il finale di qualcosa che fa parte del retaggio dell’umanità , che si lega alla nostra realtà , che è mostruoso, orripilante, spaventoso…e in qualche modo affascinante per come è stato raccontato da Lovecraft.
È il finale che non ti aspetti, perché non lo vorresti.
In definitiva, è stato un incontro più che positivo. Non conoscevo Lovecraft, ma ho avuto la fortuna di trovare un volume ben curato e dei racconti che me ne hanno fatto innamorare. E sul serio, lo consiglio a tutti. Anche a chi non ama troppo il genere, saprà ammaliarvi.
I nostri voti | |
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Copertina | |
Generale: |
So che sono fuori tempo… Una delle più belle recensioni che ho letto su Lovecraft. Davvero coglie molti aspetti della maestria di HPL. Peccato non ci siano altre recensioni su questo autore, le avrei lette molto volentieri. Saluti.
Grazie mille!
In realtà Lovecraft mi piace molto, quindi qualche recensione in futuro la farò sicuramente. Grazie ancora, mi hai reso molto felice!