Traduttore: Monica Pareschi
Editore: Neri Pozza Genere: Narrativa
Pagine: 207
ISBN: 9788854502796
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Il nostro voto:
Il professor St. Peter si rifiuta di abbandonare la vecchia casa in cui ha abitato con la moglie e le figlie, e dove ha dato forma al suo capolavoro di studioso, un saggio storico sulle spedizioni dei conquistadores in America. Ma è anche la casa dove ha accolto Tom Outland, il suo allievo più stravagante e geniale, morto durante la Prima Guerra Mondiale, che ha avviato agli studi e a un futuro brillante ma breve di scienziato e ricercatore. A poco più di cinquant'anni, il professore è vittima di uno scoramento che ha radici in un'insoddisfazione che il successo accademico e il benessere, anziché mitigare, rendono ancora più bruciante. L'arrivismo sociale della moglie, della figlia maggiore Rosamond e di suo marito Louie gli è estraneo e lo avvilisce. A rendere più dolorosi l'inquietudine e l'amarezza che affliggono Godfrey St. Peter è proprio il ricordo di Outland, la cui amicizia gli ha aperto una finestra sulla vita libera e appassionata che il giovane Godfrey "l'altro ragazzo" - ha solo vagheggiato nell'adolescenza. Durante una lunga estate solitaria, mentre lavora ad annotare il diario di Tom, il professore si trova a fare i conti con la propria vita. Inserito al centro della narrazione, come la tavola centrale di un trittico, il racconto di Tom Outland della scoperta della Città di roccia, sulla mesa che si alza in apparenza inaccessibile nella pianura del New Mexico, è il centro da cui si irradia l'energia che muove i passi del giovane eroe e soccorre il professore.
Con La casa del professore siamo di fronte a un romanzo piuttosto particolare: il professor St. Peter sta vivendo una sorta di crisi di mezza età, e non vuole abbandonare la casa in cui ha concepito e portato a termine il suo capolavoro di studioso, un saggio sulle spedizioni dei conquistadores in America. Prova una sorta di inquietudine all’idea di abbandonare questa casa e traslocare, e anzi, continua a frequentarla, a lasciarle le cose esattamente come sono; prova una sorta di ribrezzo per l’arrivismo sociale della moglie, di sua figlia Rosamond e del genero Louie, come fosse isolato in un nucleo familiare di cui non condivide fino in fondo aspirazioni e progetti, e che non lo capisce. Durante un’estate che trascorre da solo nella vecchia casa, mentre il resto della sua famiglia se la spassa in vacanza, in Francia, decide di annotare il diario del suo più geniale discepolo: Tom Outland, che si è presentato da lui con una serie di vasi antichi con sé, e che ha avviato una fulgida carriera di scienziato e di studioso che lo ha portato a brevettare un gas che lo avrebbe reso ricco. Lo avrebbe, per l’appunto, perché Tom ha perso la vita in Francia, durante la prima guerra mondiale, lasciandosi alle spalle una fortuna che Rosamond, sua promessa sposa, ha ricevuto in eredità.
L’autrice è perfetta nel modo in cui ci racconta dell’inquietudine di St. Peter, del suo attaccamento alla vecchia casa e della sua totale estraneità a ciò che, invece, muove sua moglie e sua figlia; e se l’impatto materiale della vita di Tom su Rosamond (e di riflesso su sua madre) è imponente nella sua sovrabbondanza, è davvero profondo e toccante solo nel modo in cui scuote St. Peter, perché non è qualcosa di materiale, qualcosa di tangibile. È qualcosa di diverso, qualcosa di molto più importante, qualcosa che riguarda l’interno, l’anima. St. Peter riflette su ciò che avrebbe potuto fare, man mano che annota il diario di Tom e legge della sua scoperta, in una pianura del New Mexico, della Città di roccia. E noi leggiamo anche di questa scoperta, perché è incastonata nel romanzo come il fulcro che, in effetti, rappresenta. Ci si sente liberi nel leggere il diario di Tom e la voglia di scoprire questa Città; ci si sente oppressi, legati, infastiditi quando St. Peter ha a che fare con le preoccupazioni della moglie, della figlia, del genero, tutte puramente materiali, quasi meschine. Da una parte la vita libera di un genio che purtroppo se ne è andato troppo presto; e dall’altra l’inquietudine, l’amarezza del professore, nonostante sia un uomo di successo che ha raggiunto la fama che gli spetta grazie al suo saggio storico.
È difficile, credo, non sentirsi “dalla parte” del professore, non nel senso che ci si schiera con lui, ma nel senso che ci si immedesima in lui. St. Peter è inquieto, è amareggiato, fa dei bilanci: e tutti prima o poi, nella nostra vita, siamo St. Peter. E devo dirlo sinceramente, anche se essere St. Peter può portare a riflessioni, a bilanci non sempre positivi, a rimpianti e a decine di “cosa sarebbe stato se”, preferisco di gran lunga essere St. Peter che essere Rosamond, suo marito, sua madre. Lui ha molto più spessore, molta più capacità di coinvolgerci, e Tom libera un po’ anche noi, così come libera St. Peter.
In definitiva è una lettura che vi consiglio assolutamente. Di mio faccio entrare di diritto Willa Cather nella lista degli autori che non mi farò mai più mancare, e benedico la Gnod Challenge che sto seguendo e grazie a cui l’ho scoperta.
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