Traduttore: Adelaide Cioni
Serie: Caffè Babilonia #1
Editore: Neri Pozza Genere: Narrativa
Pagine: 244
ISBN: 9788854500129
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Il nostro voto:
Marjan Aminpour è nata in Persia, una terra di antichi deserti dove il suolo arido si confonde con i resti sgretolati delle colonne di Persepoli, eppure ha un vero talento per le piante. Guidata dalle mani gentili di Baba Pirooz, il vecchio giardiniere barbuto che curava le terre della sua infanzia, ha imparato sin da bambina a coltivare la maggiorana e l'angelica dorata. La terra traeva la sua umidità dalla neve sciolta della montagna, che stillava verso valle dal vicino Alborz fin nei quartieri residenziali più ricchi di Teheran, prima di scorrere nella fontana ottagonale delgli Aminpour. La vasca, che gorgogliava al centro del giardino, era rivestita di mattonelle turchesi e verdi di Isfahan e, mentre Marjan addestrava gli occhi a riconoscere i primi boccioli gialli di dragoncello, Baba Pirooz le raccontava dei grandi giardinieri nati in Persia: Avicenna prima di tutti, l'appassionato di piante più famoso di tutti, il medico sapiente che fu il primo a fare l'acqua di rose. Ora Marjan è a Ballinacroagh, il vilaggio dell'Irlanda occidentale dove, dopo essere scappata dall'Iran khomeinista, si è stabilita assieme a Bahar e Layla, le sue sorelle più piccole. Nessuno le parla più di Avicenna o delle ceramiche di Isfahan, ma il suo talento per le piante non l'ha abbandonata. Col cardamomo e l'acqua di rose, il basmati, il dragoncello e la santoreggia, Marjan prepara le sue speziate ricette persiane al Caffè Babilonia, il locale che, assieme alle sorelle, ha ricavato dall'ex panetteria di Estelle Delmonico, la vedova di un fornaio italiano, e dove la gente di Ballinacroagh accorre ogni giorno numerosa, attratta alle pareti vermiglie, dalle zuppe di melagrana e dal samovar del tè sempre pronto. Marjan potrebbe finalmente godere dei suoi meritati piccoli trionfi se un perfido scherzo del destino non si fosse preso la briga di turbarla profondamente: Layla, la spensierata Layla, la sorellina che si è conquistata subito la simpatia dell'intera Ballinacroagh, si è innamorata, ricambiata, di Malachy McGuire, uno dei figli di Thomas McGuire, il boss del villaggio che possiede un'infinità di pub e ambirebbe volentieri a mettere le mani sul Caffè Babilonia... Delizioso romanzo che con humour e delicatezza tratta dei conflitti razziali e culturali che caratterizzano il nostro tempo, Caffè Babilonia ci fa scoprire una scrittrice che si segnala per la grazia e l'eleganza della sua scrittura. A ogni capitolo del romanzo Marsha Mehran premette una ricetta iraniana, cui poi Marjan, la protagonista principale, si dedica nel corso delle pagine che seguono.
Protagonista indiscussa di Caffè Babilonia è la cucina orientale, con i suoi aromi speziati, le sue prelibatezze che stuzzicano i palati occidentali, abituati a ben altri sapori. Protagonista è soprattutto la cucina di Marjan, sorella maggiore di Bahar e Layla, che, fuggite dall’Iran prima della rivoluzione, hanno trovato rifugio prima a Londra e poi a Ballinacroagh, un villaggio dell’Irlanda occidentale. E qui cercano di ricominciare una nuova vita, affittando dalla vedova Delmonico, una donna dolcissima e adorabile, il negozio in cui lei e suo marito, oramai morto da cinque anni, hanno gestito una pasticceria e panetteria che ha portato in Irlanda i sapori di Napoli. E lì iniziano un’attività di caffetteria, che serve leccornie della cucina tipica orientale, insaporite dalle mani magiche di Marjan e dalle erbe che ha imparato a coltivare fin da bambina.
Il romanzo è senza pretese, ma le tematiche che affronta non lo sono di certo. Le tre sorelle sono tre arabe, accolte con diffidenza in una comunità chiusa, osteggiate perchè la loro attività intralcia i progetti di Thomas McGuire, lo spaccone del paese, proprietario di una catena di birrerie. Il villaggio possiede tutti i tratti dei villaggi di provincia: le donne anziane che fanno cerchio ed escludono le nuove arrivate, soprattutto se straniere, i pettegolezzi, la classificazione delle persone anche solo sulla base dei sentito dire. La storia intreccia il desiderio di ricostruirsi una vita, di fuga da un passato difficile, all’amore fresco dei sedici anni di Layla. E insieme affronta il razzismo, le differenze culturali, la convivenza tra persone di nazionalità diverse e proveniente da culture e religioni differenti, la capacità di integrazione, la voglia di lavorare sodo di tre ragazze il cui passato viene svelato poco a poco, nel corso del libro, come se anche noi fossimo avventori del caffè a cui le protagoniste rivelano la propria storia quando si sentono pronte a farlo.
L’importanza della cucina, vera arte di Marjan e vero toccasana all’interno della storia, è sottolineata dal fatto che ogni capitolo si apre con una ricetta su cui poi le tre sorelle lavoreranno nelle pagine seguenti. E la forza del romanzo sta soprattutto, secondo me, in questo rapporto così stretto con il cibo, con la propria cucina, che è la più buona del mondo perchè è quella del proprio paese natale, e ricorda l’infanzia, i genitori, la famiglia, le proprie radici. Ho trovato a tratti commovente questo legame delle protagoniste con le spezie, le tradizioni, le ricette del proprio paese, soprattutto quando leggevo dell’ostilità, spesso immotivata, dei personaggi negativi. Il romanzo riesce a far sentire gli odori, e i sapori, e sembra di vederselo davanti agli occhi il Caffè Babilonia.
Come dicevo, la storia è senza pretese, anche piuttosto lineare e banale, se vogliamo. Ma è un modo per vedere l’integrazione degli stranieri, per chiedersi cosa sia stato a farli decidere di sradicarsi dal proprio paese, da cosa fuggano, in certi casi. Il romanzo tocca questi argomenti senza approfondirli troppo, e se questo da una parte può sembrare un difetto, dall’altra permette al lettore di rifletterci per conto proprio e giungere alle proprie conclusioni.
La lettura è stata estremamente piacevole, scorrevole, e anche interessante: mi sono copiata tutte le ricette del libro e magari un giorno o l’altro le proverò. Ma mi ha fatto venire anche voglia di conoscere meglio le tradizioni culinarie della mia città natale, e di conoscere quelle degli altri paesi del mondo. E mi ha strappato un sorriso nella descrizione così precisa degli usi e costumi di un piccolo villaggio. Li ho trovati talmente ben descritti che ci potevo riconoscere personaggi del mio paesello.
In definitiva, un romanzo godibilissimo, a cui magari manca una maggiore profondità nelle tematiche che si trova, volente o nolente, ad affrontare, ma che rimane comunque un romanzo carino e piacevole con cui trascorrere un pomeriggio.
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