Traduttore: Gian M. Giughese
Editore: Frassinelli Genere: Narrativa
Pagine: 563
ISBN: 9788876849435
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Il nostro voto:
Fu a nove anni che Liesel iniziò la sua brillante carriera di ladra. Certo, aveva fame e rubava mele, ma quello a cui teneva veramente erano i libri, e più che rubarli li salvava. Il primo fu quello caduto nella neve accanto alla tomba dove era stato appena seppellito il suo fratellino. Stavano andando a Molching, vicino a Monaco, dove li aspettavano i loro genitori adottivi. Il secondo, invece, lo sottrasse al fuoco di uno dei tanti roghi accesi dai nazisti. A loro piaceva bruciare tutto: case, negozi, sinagoghe, persone... Piano piano, con il tempo ne raccolse una quindicina, e quando affidò la propria storia alla carta si domandò quando esattamente la parola scritta avesse incominciato a significare non solamente qualcosa, ma tutto. Accadde forse quando vide per la prima volta la libreria della moglie del sindaco, un'intera stanza ricolma di volumi? Quando arrivò nella sua via Max Vandenburg, ex pugile ma ancora lottatore, portandosi dietro il Mein Kampf e infinite sofferenze? Quando iniziò a leggere per gli altri nei rifugi antiaerei? Quando s'infilò in una colonna di ebrei in marcia verso Dachau? Ma forse queste erano domande oziose, e ciò che realmente importava era la catena di pagine che univa tante persone etichettate come ebree, sovversive o ariane, e invece erano solo poveri esseri legati da spettri, silenzi e segreti.
La bambina che salvava i libri (ripubblicato di recente con il titolo Storia di una ladra di libri) è uno di quei romanzi che si possono definire difficili, intensi, coinvolgenti, e non solo per ciò che raccontano – la vicenda è ambientata nella Germania nazista, prima e durante la seconda guerra mondiale – ma soprattutto per come lo raccontano.
La scelta dell’autore non è di raccontare la storia dal punto dei protagonisti, o almeno non di farlo direttamente. Il tutto infatti è raccontato dalla Morte, un personaggio particolare, che si distingue subito, fin dalle prime pagine, per il suo modo tutto particolare di vedere il mondo. La Morte rimane affascinata da Liesel, che incontra la prima volta durante il viaggio che la ragazzina sta facendo insieme alla madre e al fratellino per raggiungere la famiglia che li prenderà in affidamento. Proprio durante questo viaggio il fratellino muore, circostanza che segna profondamente Liesel e che la farà sentire ancora più sola quando raggiungeranno la famiglia presso cui dovrà vivere. La Morte ci racconta la storia di Liesel e delle persone che incontra seguendo un diario che la piccola ha scritto nella cantina della sua famiglia adottiva; e così facendo permette all’autore di dipingere un affresco a tratti estremamente toccante della vita nei quartieri poveri nella Germania nazista, e durante la seconda guerra mondiale. Ho letteralmente adorato la pagina in cui la Morte descrive ciò che ha provato quando raccoglieva le anime nelle camere a gas, e ho trovato che il suo intervento per portare via le vittime della guerra, chiunque esse fossero, sia sempre stato raccontato con delicatezza, senza indugiare sui particolari più macabri, ma mantenendo comunque un realismo profondamente legato all’importanza del momento che veniva descritto. Il fatto che la Morte si dica affascinata dagli esseri umani, che dica di aver provato pena per le vittime è qualcosa che fa davvero venire i brividi.
I personaggi sono un altro punto di forza del romanzo; ben caratterizzati e coinvolgenti. Rosa e Hans, la nuova famiglia di Liesel, nella prima parte del romanzo sembrano esatti opposti: Hans è un uomo buono, dall’animo gentile, leale e ben disposto verso la bambina che all’inizio è comprensibilmente terrorizzata. Rosa invece sembra una donna cattiva, sboccata, con un livore nei confronti del marito che non riesce a svolgere il suo lavoro da imbianchino, perché non ha voluto iscriversi al Partito Nazista: è lei a mantenere la famiglia, di fatto, lavando e stirando il bucato delle famiglie più in vista della cittadina di Molching. E se gli aneddoti sul passato di Hans non fanno che confermare quello che si pensa di lui, soprattutto quando vediamo la sua gratitudine nei confronti di un uomo che senza saperlo gli salva la vita, è quello che poi scopriamo di Rosa a stupirci davvero: perché Rosa è sboccata, sì, è violenta a parole e a volte anche a gesti, ma quando si tratta di nascondere in casa l’ebreo Max, figlio dell’uomo che ha involontariamente salvato la vita di Hans, ci mostra quello che è davvero, una donna con il cuore d’oro. Toccante e delicata poi è l’amicizia di Liesel con Rudy, un bambino del vicinato, che durerà per tutto il romanzo e che spesso strappa qualche risata, e anche qualche lacrima.
[bctt tweet=”Un bellissimo inno alla lettura, ai libri e al loro potere. #ladradilibri #markuszusak”]Ma il vero fulcro del romanzo sono i libri; Liesel arriva nella sua nuova famiglia dopo aver rubato un libro, caduto a uno dei becchini che ha sepolto il suo fratellino. Ma è analfabeta, e il suo desiderio di saper leggere, di completare quel legame con il fratellino morto, è fortissimo; e mentre a scuola viene presa in giro (ma si difende, eccome se si difende!), a casa c’è Hans, che sta con lei quando la notte è svegliata dagli incubi, e le insegna a leggere in un modo tutto suo e su un libro ben strano: quel Manuale del necroforo che è l’ultima cosa che le rimane della sua vecchia famiglia. Liesel ruba libri spesso, nel corso del romanzo; ne salva uno dal rogo nazista che mira a cancellare le opere “rischiose” per il Reich, ne ruba dalla biblioteca della moglie del sindaco, che le lascia la finestra socchiusa perché la piccola le ricorda il figlio disperso in guerra, usa i libri per aiutare Max a superare la malattia che la cantina in cui è costretto a nascondersi gli provoca, riceve in regalo da Max libri che lui stesso le ha scritto e illustrato, scrivendoli sulle pagine imbiancate di un Mein Kampf che, ironicamente, lo ha aiutato a giungere al suo nascondiglio. Liesel ama i libri, li ruba, li salva, li legge calmando il vicinato rinchiuso in un rifugio per sopravvivere ai bombardamenti, ed è grazie a un libro che si salva la vita durante un bombardamento, descritto con la solita delicatezza, con una certa nota dolente da parte della Morte.
La storia è appassionante, e non mancano momenti di commozione. Che il tutto venga raccontato dalla Morte, poi, dona al romanzo un qualcosa in più, un punto di vista umano, sì, ma che vede anche oltre. Leggetelo, ne vale davvero la pena, perché oltre a essere una storia di difficoltà, di solidarietà, di insensatezza della guerra, è anche un bellissimo inno alla lettura, ai libri e al potere che possono avere nella nostra vita.
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