Traduttore: Enrico Cicogna
Editore: Mondadori Genere: Narrativa
Pagine: 255
ISBN: 9788804255550
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Il nostro voto:
Dispotico, violento, amante insaziabile ma frettoloso, vendicativo, sanguinario e superstizioso, il "patriarca" è il dittatore di una sperduta isola dei Caraibi. Vive in un palazzo in rovina, circondato da postulanti e adulatori, ma la solitudine del potere è spaventosa: poco più che selvaggio analfabeta, il "patriarca" è giunto ormai al termine della sua vita e, quando la morte arriverà, non potrà che mostrare il vero, umanissimo e mostruoso volto del potere.
Leggere Márquez implica, di solito, essere in grado di estraniarsi dal materialista mondo circostante e lasciarsi avvolgere dalla sua prosa come da un boa, che lentamente ma pervicacemente si arrotola intorno alla sua preda finché questa non ne rimane completamente succube. In termini meno sensazionalistici, leggere Márquez richiede una notevole dose di concentrazione. La sua scrittura è, certo, ammaliante, sensuale e perfino intossicante: però proprio per questa ragione è essenziale saper conservare una certa dose di lucidità , per non rischiare che il boa si faccia così stretto da divenire soffocante.
Questo è vero nelle sue opere più celebri, prima fra tutte Cent’anni di solitudine; ma diventa imperativo per quanto riguarda L’autunno del patriarca, romanzo del 1975 e probabilmente fra i più complessi dell’autore colombiano. La scrittura di Márquez, già abitualmente rigogliosa, diventa qui un flusso di coscienza multiplo e senza soluzione di continuità attraverso una molteplicità di personaggi, dal protagonista ai suoi più prossimi e, in ultima analisi, alla popolazione intera del non meglio precisato stato caraibico di cui il patriarca è dittatore senza tempo. I periodi si allungano, la punteggiatura scompare e la mitologia del generale si intreccia in modo così serrato con la sua realtà da diventare indistinguibile da essa.
Non è una vera e propria trama quella che così si dipana, bensì un continuo alternarsi avanti e indietro nel tempo dietro rimembranze suggestive, icastiche, straordinarie o ributtanti, che costruiscono un archetipo tirannico per il quale Márquez ha sommato esperienza diretta e immaginario storico. La vertigine e la solitudine del potere, l’incapacità di amare, il bisogno di dominare così come di essere dominati, superstizioni, credenze, folclore, religione, manie di persecuzione, violenza e anche sadismo: l’elenco potrebbe continuare quasi all’infinito, perché non c’è nulla che il patriarca non abbia sperimentato o meglio, che il suo intero popolo non conosca. Le due entità sono a un tempo opposte e inestricabili, sicché il ritratto – sanguigno, eppure non privo di ironia amara – del patriarca, rivoltata la medaglia, diventa quello del popolo sottomesso, per il quale è una rappresentazione semidivina e al di là del tempo.
L’autunno del patriarca è forse una delle opere meno popolari di Márquez: più amaro di Cent’anni di solitudine e assai lontano dal romanticismo dell’Amore ai tempi del colera, il suo linguaggio espressivo ma circonvoluto appare difficilmente accessibile e per questo, probabilmente, viene spesso evitato. In realtà la sua forma, quasi una prosa poetica, è musicale e ritmata (una nota di merito da riconoscere senz’altro alla traduzione) e sono proprio queste qualità a renderla un boa estremamente efficace. Certo, non è una lettura da affrontarsi a cuor leggero: ma, superata la scorza dello stile, il patriarca entra di prepotenza nel novero delle figure letterarie più maestose e terribili che si ricordino.
I nostri voti | |
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Trama | |
Personaggi | |
Stile | |
Ritmo | |
Copertina | |
Generale: |
Un giudizio che condivido aappieno. Posso solo dire che la prima volta che ho preso in mano questo libro ne ho lette le prime 25 pagine e poi l’ho chiuso per riprenderlo 10 anni dopo, probabilmente più preparato dal succedersi degli eventi della vita. Ecco, penso che sia un libro fondamentale non solo per chi ama la lettura e la letteratura, ma anche per chi desidera iniziarsi alla scrittura e, soprattutto, per chi vuole capire meglio cosa significa veramente…vivere.