Il 26 aprile 1478, a Firenze, si consuma a Santa Maria del Fiore una congiura passata alla storia come “Congiura dei Pazzi”, le cui vittime designate sono Giuliano e Lorenzo de’ Medici. Gli avvenimenti di quel giorno segnano non solo il clima della città, che va alla ricerca dei congiurati e li tratta con incredibile crudeltà, ma segnano anche l’arte di coloro per cui Lorenzo il Magnifico era un mecenate. Una di queste opere, la Madonna di Nievole di Pierpaolo Masoni, racchiude un segreto su cui una giovane studentessa deve indagare per la sua tesi, ma che non deve essere scoperto per non svelare intrighi vecchi di secoli.
Detta così, la trama sembra affascinante, e il libro può essere interessante, vero?
Ecco, in mi sono lasciata abbindolare da una descrizione simile, e ho atteso con ansia che arrivasse il mio turno nel prestito bibliotecario. Il tutto per un libro che si è rivelato davvero poco interessante, e anche poco avvincente.
La vicenda si dipana in un’alternanza tra presente e passato. A cavallo tra il 2004 e il 2005, una studentessa spagnola, Ana, arriva a Firenze con una borsa di studio per preparare la sua tesi su Pierpaolo Masoni, un pittore fittizio che l’autrice inserisce nella scuola del Verrocchio. Nel passato, invece, attraverso gli occhi del giovane Luca seguiamo le vicende fiorentine che precedono i giorni della congiura, fino alle pugnalate sull’altare della cattedrale. Il legame tra i secoli è appunto un dipinto di Masoni, che custodirebbe un segreto capace di svelare il vero mandante della congiura, oltre a quelli noti: ed è per questo che le ricerche di Ana subiscono incidenti e rallentamenti, e che la Madonna di Nievole, il dipinto incriminato, non viene restaurato, grazie anche all’ostilità del Vaticano.
Lo spunto è interessante, e si fonda su una realtà: nel 2004, infatti, un ricercatore italiano presso l’Università del Connecticut, Marcello Simonetta, seguendo le indicazioni di un trattatello quattrocentesco per l’interpretazione dei dispacci diplomatici, è riuscito a decifrare una lettera custodita nell’archivio Ubaldini di Urbino, che rivela come anche Federico da Montefeltro fosse implicato nella congiura che doveva togliere di mezzo Giuliano e Lorenzo de’ Medici. Trovate un articolo a riguardo qui. L’autrice ammette che la notizia ha risvegliato il suo interesse, e che poco alla volta il romanzo ha preso forma, nonostante all’inizio non volesse scriverlo: dice, con un po’ di superiorità, di non essersi voluta inserire nel filone dei romanzi storici e pseudo-storici. Peccato però che sia esattamente quello che poi ha fatto!
Al di là degli scivoloni storici, o delle inesattezze (su cui si potrebbe soprassedere, se fossero contornate da una bella trama solida e intrigante), o di certe cose francamente impossibili (all’Archivio di Stato si toccano i documenti con mano? La polizia lascia che una studentessa si porti a casa dei quaderni cinquecenteschi, che oltre ad avere un certo valore sono pure una prova?), dicevo, al di là di questo, il libro non ha un minimo di ritmo. Dovrebbe avere un certo alone di mistero: ci sono cose da risolvere, segreti da svelare, incidenti da chiarire. Invece tutto scorre in una maniera così banale, piatta e francamente noiosa che si ha l’impressione di leggere non solo un brutto romanzo, ma anche un brutto saggio. La trama è quel che è; alla fine si va a parare sul solito espediente di qualche strana corporazione segreta, ma è accennato nelle ultime pagine, così a casaccio, senza che ci sia una fine reale. L’attenzione dell’autrice sembra essere più sulla storia d’amore tra i due personaggi, ma sono anch’essi personaggi senza un minimo di spessore.
Inoltre, la città di Firenze sembra una città qualunque. Le parti ambientate nel passato sono sciatte, e quelle al presente non rendono un’idea della città di Firenze: se non ci fossero accenni a vie e monumenti, si potrebbe essere dovunque. E’ tutto ben lontano da certe descrizioni vivide che ti fanno dire “poteva essere solo così, nel Rinascimento”, o “è Firenze come se ce l’avessi davanti agli occhi”. E poi in generale l’autrice manca di verve, non sa dare suspence, non ti tiene in sospeso perchè devi assolutamente sapere cos’è successo dopo. Più volte m’è capitato di chiudere il libro e fare altro, per la noia.
Insomma, a dispetto delle intenzioni dell’autrice, alla fine si è inserita in quel filone da cui voleva stare lontana, e non ha nemmeno avuto successo. Ci sono autori che sono talmente bravi, accattivanti, capaci di ricreare le ambientazioni, che ti fanno dimenticare di quell’inesattezza storica, o di quell’anacronismo, e creano trame così reali che pensi che potrebbe anche essere andata così. Susana Fortes, con la sua prosa piatta e a tratti noiosa, capace di banalizzare qualsiasi momento di tensione, non è tra questi. Il risultato è un romanzo che non riesce a decollare, che si perde nella mera descrizione degli avvenimenti storici, o negli accenni a questa o quell’opera per rivelare la cultura dei personaggi. Ma niente di più.
Insomma, non m’è piaciuto per niente. Peccato, però, perchè partiva da una base interessante che poteva essere ben sviluppata.
Giudizi
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Info utili
Titolo e autore originale: Quattrocento, Susana Fortes Titolo e traduttore italiano: Quattrocento, R. C. Stoppani, M. Vallone Collana, editore e anno: Narrativa nord, Nord, 2008 ISBN o ISSN: 9788842915430 Prezzo (in media): € € 18,60
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La pagina dedicata a Quattrocento sulla Wikipedia italiana
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