*Attenzione: possibili spoiler!*
Spero di non attirarmi una fila di accidenti con quello che sto per dire, ma francamente, non capisco il motivo di tanti elogi a questo libro. Descritto come il più grande romanzo neovittoriano, elogiato come addirittura "meglio del sesso", ricco di erotismo… be’, io sinceramente non ho trovato nulla di tutto questo. Anzi, se devo dirla tutta, le scene di sesso sono state o noiose o soltanto volgari e inutili. Ma andiamo con ordine.
Il romanzo è la storia della "scalata sociale" di Sugar, prostituta più conosciuta di Londra. Come spunto di partenza l’ho trovato estremamente affascinante e interessante, se non fosse che poi la scalata sociale si è rivelata una semplice serie di colpi di fortuna della protagonista che tra l’altro ha gioco facile con il mentecatto che si trova davanti. Ci sarebbe riuscito chiunque, diciamocela tutta; Sugar ha avuto la fortuna di esserci lei, e di farsi fare qualsiasi cosa dagli uomini che comprano i suoi servizi. Oltretutto, ci sono alcune cose che non tornano molto: da quando una prostituta vittoriana, che lavora dall’età di 13 anni e che ha iniziato in quartieri abbastanza infimi, sa leggere e scrivere (addirittura il latino)? Solo circa a pagina 500 viene svelato questo dilemma, ma viene richiesto comunque uno sforzo d’immaginazione al lettore, che deve intuire che a insegnarglielo, forse, è stata la madre, ma poi alla fine non capirà il motivo, dato che la madre di Sugar vorrebbe vederla morire nel fango, praticamente. Cosa da poco? Non direi, dato che su questo assunto si basa praticamente tutta la trama. La cultura di Sugar le permette di far "innamorare" (se di amore si tratta) il protagonista maschile, William Rackman, un omuncolo inutile che si vorrebbe solo prendere a calci. Mi sono sforzata di soprassedere, ma veramente non ce l’ho fatta quando siamo partiti dalla "semplice cultura generale" e poi siamo arrivati ai consigli che Sugar dà a Rackman per la sua industria di profumi, e che poi discute di affari con lui. Non i semplici consigli del "questa frase suona meglio così", no: si discute di ivnestimenti. Mi è parso un presupposto poco realistico, che fra l’altro l’autore non spiega affatto. Lo butta lì, il lettore deve prenderlo per scontato, anche se è poco verosimile, perchè l’autore ha deciso così (cosa che trovo personalmente fastidiosissima, in qualunque romanzo), e accontentarsi di spiegazioni blande e un po’ incoerenti che arrivano solo dopo la metà del libro. Forse la faccio troppo lunga su questo punto, ma è talmente irrealistico che ignorarlo mi riesce abbastanza difficile. Più tardi, Rackman prenderà Sugar in casa come istitutrice della figlia. A parte la verosimiglianza o meno della cosa, nessuno dei due arriva a pensare che, avendo Rackman amici che frequentano le prostitute praticamente ad ogni ora del giorno, forse è meglio cambiarle nome: Sugar entra in casa come Miss Sugar. Sarebbe logico, naturale, la prima cosa da fare, ma nessuno dei due, nemmeno Sugar con la sua tanto decantata intelligenza, ci arriva.
I personaggi comunque non brillano per arguzia. Sugar esercita da circa sei anni quando inizia il romanzo, e arriva alla fine con l’illusione che forse Rackman la sposerà. Quei sei anni di prostituzione non le hanno insegnato nulla sulle donne che gli uomini vittoriani sceglievano per mogli e quelle che preferivano avere nel letto? Possibile che una donna spesso dipinta come intelligente non si renda conto che sta solo coltivando un’illusione ridicola, che agli occhi del suo amante non sarà mai la donna rispettabile, ma solo la puttana? Rackman poi subisce una trasformazione incredibile: prima bighellona, non fa nulla dalla mattina alla sera tranne lamentarsi, poi incontra Sugar, decide di mantenerla perchè così nessun altro potrà toccarla (parliamo ancora d’amore?) e quindi si improvvisa capitano d’industria e ha successo. Da un giorno all’altro? E’ anche meno verosimile della madre di Sugar che la odia, si prostituisce in quartieri fatiscenti ma intanto le insegna a leggere (anche il latino).
Gli altri personaggi sono un po’ più positivi della coppia protagonista, soprattutto Henry Rackman e Emmeline Fox, ma il loro ruolo nell’intera vicenda è piuttosto marginale. Mi sono piaciuti molto, insieme ad Agnes e alla piccola Sophie, perchè hanno ancora una certa ingenuità tenera. Agnes e Sophie hanno una certa delicatezza, imparata o naturale, e Agnes a volta fa un’incredibile tenerezza, soprattutto quando ha le sue "crisi", anche perchè al lettore ne viene svelato il motivo. Alla fine, però, sembrano entrambe due bamboline, quasi due accessori, e non riescono mai a far davvero commuovere (nessuno dei personaggi ci riesce).
Trattandosi di un romanzo sulla prostituzione, mi aspettavo anche le scene di sesso. Leggendo sulla quarta di copertina, veniva decantato un certo erotismo: dove? Ho trovato anche troppi paragoni di qualsiasi cosa con lo sperma, come se l’autore volesse farci capire a forza che sono prostitute, come se fossimo scemi e non l’avessimo capito da soli; ho trovato espressioni che credo d’aver letto solo nei più scadenti romanzi d’amore con scene hard, e in generale solo qualcosa di molto grossolano, molto volgare (tra l’altro, volgarità pure inutile) che di erotico non ha praticamente niente. L’erotismo, grazie al cielo, è ben altro, e c’è del sesso, anche descritto, che è dieci volte meglio delle scene di questo libro.
A risollevare il mio giudizio è l’accuratezza della ricostruzione della Londra del 1875. L’autore è molto attento ai dettagli, e utilizza uno stile tutto al presente, rivolgendosi direttamente al lettore, a volte anche in maniera "brusca", per ricreare l’impressione di seguire, vedere, spiare un determinato personaggio. Nelle prime pagine, questo stile è molto forte, e l’autore si rivolge spesso al lettore, a volte sgridandolo, a volte con un’aria di superiorità fastidiosa. Poi questa cosa si perde e il romanzo scorre semplicemente con una narrazione al presente, a parte qualche guizzo nelle ultime pagine. Le descrizioni sono ben fatte, c’è un’attenzione fortissima a ricreare l’ambientazione nel modo più accurato possibile, anche nelle cose meno piacevoli (come l’odore dei vasi da notte che colano lungo i muri, e cose simili); da questo punto di vista nulla da eccepire. Sono quegli strappi nella trama a cui ho accennato prima che fanno scadere parecchio il romanzo.
In definitiva, mi aspettavo molto di più da questo romanzo. Avendolo sentito così decantato, così elogiato, e avendolo poi letto, ho avuto una grossa delusione. Al di là di tutto avrei preferito dettagli meno accurati e una trama più solida, con meno cose così poco verosimili. E comunque, i grandi romanzi vittoriani sono altri, e a quei livelli difficilmente si potrà arrivare. Questi elogi sperticati al "più grande romanzo neovittoriano" mi suonano un po’ come tutti gli strilli di copertina a libri che poi, alla fine, sono poco e nulla.
Infine, metto le mani avanti: so benissimo che l’autore ha eseguito ricerche per vent’anni per questo romanzo, e ne ha impiegati altri dieci per comporlo. Trovo comunque che i difetti che ci ho trovato siano forti cadute di stile in un romanzo che, anche se è abbastanza imponente, poteva scorrere bene ed es
sere interessante. Così, a un certo punto, è diventato un vedere quale altra mirabolante qualità avrebbe tirato fuori Sugar, fino a un finale che nemmeno esiste. Poi sicuramente è una mia mancanza quella di badare parecchio ai buchi di trama.
Insomma, secondo me, può essere un libro che tiene compagnia a lungo (quasi 1000 pagine non scorrono in fretta), ma che non vale certe lodi sperticate che leggerete in quarta di copertina.
Allora non sono l’unica che ha storto il naso davanti a Michel Faber. "Il petalo cremisi e il bianco" volevo leggerlo, ma casualmente mi sono lasciata attirare da "i centonovantanove gradini". L’opinione è stata nettamente negativa, quindi non mi stupisco di questo tuo giudizio non troppo roseo.
Ti dirò, a livello di descrizioni non è male, e lo stile è abbastanza originale, anche se un’estensione come 1.000 pagine ti stronca. Ma certi scivoloni di trama… io scoppiavo a ridere a tratti :
Quasi quasi me lo leggo. Anche se, ammetto di aver fatto una fatica tremenda a finire l’altro. E pensare che ci ha impiegato 21 anni a scrivere questo libro! Cioè, non so se rendo… ventun anni son ventun anni. Minimo uno dovrebbe creare un capolavoro di quelli che entrano nella storia della letteratura per i prossimi mille anni…
Poi, ovviamente, non vuol dire niente il tempo che ci ha impiegato… però…
Be’, lungi da me cercare di convincerti a non leggerlo^^ Magare a te piace :9 Comunque credo che basti leggere le prime pagine (facciamo 50, vista la mole, anche 100) per capire se può piacere o no.
E dire che ero curiosa di leggerlo. Alla faccia che ha studiato tanti anni l’epoca vittoriana per scriverlo…
Ti dirò, a me sarebbe stata anche una fine che potesse essere chiamata tale. Così mi sono sentita presa in giro, dopo essermi pure sciroppata quasi 1000 pagine di cretinate inverosimili (perchè queste erano, per me) e noia assoluta.
Ma invece a me ne avevan parlato piuttosto bene! E in generale mi incuriosiva… adesso che leggo la tua opinione invece sono in dubbio tra il provare a leggerlo per verificare e il tenermele alla larga per qualcosa di meglio. Il fatto che sian 1000 pagine non aiuta!
Beh, la mole in effetti non è che favorisca il “leggo tanto per vedere”, però magari se riesci una 50ina di pagine, magari prendendolo in prestito, dovrebbero bastare per farti un’idea.
Comunque le cose che ho detto nella recensione, soprattutto a livello di snodi di trama, sono vere (purtroppo, aggiungo).
Penso che gli darò un’occhiata se e quando mi verrà voglia–ma al momento è molto lontano dalla cima delle priorità 😀 Anche se l’argomento e l’ambientazione mi intrigano in generale… hai letto qualcos’altro del genere che preferisci?
Non direi, non propriamente dell’argomento o con la stessa ambientazione. Se invece intendi altro dello stesso autore, no, dopo questo m’è passata la voglia di leggere altro di suo. Però qualcosa di simile a questo romanzo non saprei consigliartelo, mi spiace :