In Martha Quest è chiaramente ravvisabile la mano di un premio Nobel. Sì, perchè Martha Quest è una ragazzina sudafricana che vive in campagna e non riesce a vivere la propria vita, soffocata dai terrori adolescenziali e dalla convinzione di essere solo una vittima dei genitori. Non si impegna per il cambiamento e appare a volte passiva, apatica. La sua voglia di lotta è spesso solo "platonica", ma nonostante questi difetti dedica molto tempo alla riflessione e all’esplorazione interiore, che sono esempi splendidi delle capacità dell’autrice. La situazione muta parzialmente quando Martha si trasferiscei n città: chiamata a scegliere tra l’attivismo politico e la gioventù dello sport club, preferisce i secondi, cadendo in un vortice di vizi, vanità e insolenza che ricorda l’atteggiamento di molti ragazzi contemporanei. Spesso soggiogata al ovlere del suo ragazoz, Martha si lascia socrrere addosso mesi ed anni, alla continua ricerca del senso di un’esistenza che, nonostante le appaia spregiudicata ed effimera, non riesce a cambiare. Martha Quest si interroga contimuamente sulla superficialità della propria vita ma non riesce a cambiarla, mentre il vento del nazismo e della seconda Guerra Mondiale irrompono anche sullo scenario sudafricano: la gente si immerge ancor più in un clima di festa, quasi barocco, per dimenticare le atrocità, e aumentano gli episodi di antisemitismo, cui anche la protagonista assiste. Tra le pagine più belle bisogna annoverare quelle che descrivono una sorta di panismo, di vitalismo, di fusione con la natura vista come unico mezzo per raggiungere la conoscenza completa della vera essenza delle cose e del senso del mondo.
Il linguaggio è quello dei sensi, dominato dai colori forti e vividi e, allo stesso tempo, da una continua sensazione di inquietudine e da una voglia di ribellione. Questo romanzo, infatti, come appare chiaro nel finale, è una critica delle istituzioni e dei "riti" della società borghese, spesso vuoti e privi di significato. Le imposizioni degli altri, le buone maniere, il perbenismo che nasconde i pensieri più oscuri, le ostilità che si celano dietro il matrimonio sono oggetto di una serrata critica che appare più forte proprio perchè non è pronunciata attraverso dei giudizi del narratore ma è lasciata intendere dallo svolgimento dei fatti.
Nel complesso, ho trovato questo libro abbastanza impegnativo, non tanto per lo stile, ma pouttosto perchè la ripetitività delle emozioni e degli stati d’animo, soprattutto nella parte centrale, rischia di allentare la concentrazione. Tuttavia, la trama non è troppo tirata e si riesce perciò ad arrivare alla fine. Ho scritto all’inizio che in questo romanzo è chiara l’impronta di un premio nobel: infatti, nonostante il tema, l’adolescenza, e "l’antipatia" che a prima pelle scuscitano i personaggi del romanzo, ci si rende subito conto della straordinaria cpacità della Lesisng di ritrarre a tinte forti e tutto sommato interessanti un mondo che altrimenti apparirebbe scialbo e senza alcun interesse.
Si può poi proseguire l’esplorazione in questa critica della società leggendo gli altri romanzi del ciclo dei "figli della violenza" (rimando alla guida alla lettura per l’elenco e le pubblicazioni).