Molti scrittori si sono cimentati sul tema delle carceri statunitensi, dando vita, a volte, a risultati non troppo soddisfacenti. Il rischio è quello di cadere nel banale e di descrivere il carcere ricorrendo ai classici luoghi comuni.
Edward Bunker, fortunatamente, non incappa in quest’errore, ma ci descrive un ambiente governato da regole proprie. E’ un mondo a parte, proiezione del mondo libero, nel quale vige l’implacabile legge della prigione:
"La prigione era qualcosa di più di un luogo murato; era un mondo alieno di valori distorti, governato da un codice di violenza. Alcune storie ne contraddicevano altre; il punto di vista dipendeva dalle esperienze di chi ricordava".
Ron Decker è un giovane di buona famiglia, accusato per spaccio. Il giudice lo condanna, con riserva: se si comporterà bene, potrà subire una revisione della pena, a suo favore.
Nonostante la sua accusa non sia delle più gravi, Ron viene mandato nel peggior carcere del Paese, San Quintino, famoso per i numerosi omicidi, le guerre razziste tra i vari clan, l’atteggiamento violento della polizia penitenziaria e le condizioni di vita, non sempre accettabili.
A San Quintino, Ron diventa amico del detenuto Earl Copen: un uomo che ha passato buona parte della sua vita dietro le sbarre.
L’amicizia di Ron ed Earl viene spesso fraintesa, essendo quasi una prassi che un ragazzo carino venga scelto da un "anziano" come amante. Le intenzioni di Earl non sono quelle di abusare sessualmente di Ron, ma di trovare in lui un vero amico, instaurando lo stesso rapporto che può esserci tra padre e figlio.
"Quel carcerato più vecchio di lui era il miglior amico che avesse mai avuto, come un fratello maggiore, forse un padre. Era difficile per lui, perfino in silenzio, articolare la parola amore nei riguardi di un altro uomo, ma a se stesso riuscì a dirla"
Grazie al veterano, Ron entra a far parte della "Fratellanza Bianca", un gruppo filo-nazista alleato alla "Fratellanza Messicana" nella guerra contro i neri. L’importanza d’appartenere a un gruppo viene espressa dalle parole di Ron:
"… per la prima volta da quand’era arrivato, aveva la sensazione di essere accettato. Non si era adattato completamente, ma si sentiva più forte; era bello avere degli amici, piacere alla gente, appartenere a un gruppo, che ci fosse qualcuno che faceva qualcosa di così semplice come portare le sigarette e il caffè."
Ben presto Ron si rende conto che in prigione esistono leggi diverse dalla vita normale e che, anche se non approvi certe condotte, è saggio appartenere a un gruppo che può proteggerti, piuttosto che essere solo in un ambiente che aspetta solo di avere tra le mani un "debole", un "escluso" per avventarglisi addosso.
Ciò che colpisce maggiormente Ron è che, sebbene le condizioni siano pietose e tutti siano lì per il medesimo motivo, invece di coalizzarsi o darsi una mano a vicenda, preferiscono alimentare scontri basati su questioni razziali.
"Ogni uomo stava peggio di una bestia allo zoo, aveva meno spazio, eppure tutti non facevano altro che odiare e insultare altre persone reiette come loro. Tuttavia sapeva che non avrebbe detto nulla, che non poteva dire nulla, altrimenti i bianchi l’avrebbero fatto a pezzi; e sul fatto di aiutare i neri, aveva visto uno hippie bianco che era stato amichevole nei loro confronti. L’avevano picchiato e violentato."
Il tempo scorre molto più lentamente in prigione, e ciò che nella vita comune è un passatempo trascurabile, lì diventa una questione importante come nutrirsi: ovvero, avere un libro che permetta di far scorrere le ore piacevolmente.
L’istruzione diventa una valvola di sfogo per molti detenuti che studiano, s’impegnano, imparano.
Con l’andare del tempo, Ron viene cambiato dal carcere. Un’azione che prima riteneva impossibile da compiere, diventa fattibile. Messo alle strette dalla stupidità di un uomo, Ron è costretto a fare ciò che non avrebbe mai voluto.
"Stava germogliando qualche cos’altro: l’insensibilità alla violenza. Faceva parte della condizione umana; fin dall’inizio dei tempi gli uomini avevano sistemato le questioni con la spada, e anche se spesso era stupido e autodistruttivo, a volte era proprio quello ciò che la situazione richiedeva. E se provava paura, non era più paura di essere inerme."
Da tutta la storia, emergono, a mio avviso, due importanti considerazioni.
Innanzitutto, il vincolo che si stabilisce tra un detenuto e la prigione. Una volta che si viene arrestati e si sconta la condanna dietro le sbarre, si è marchiati a vita. Non importa quanto tu t’impegnerai per vivere regolarmente, sarà la società stessa che t’impedirà di essere corretto.
"Forse uno su diecimila esce e ce la fa, e ritorna tra la classe media. Ma la società non perdona e non si dimentica mai di tutti gli altri. Ci permette di rimanere liberi se accettiamo di essere dei pezzi di merda."
La seconda considerazione riguarda il ruolo della prigione all’interno della società. L’idea di Ron è quella che la prigione debba essere uno strumento per aiutare il detenuto a diventare migliore, e durante la sua arringa metterà in luce come, in realtà, le carceri peggiorino le persone.
"Cercare di far diventare qualcuno un essere umano rispettabile mandandolo in prigione è come cercare di far diventare qualcuno musulmano mettendolo in un monastero trappista. Un anno fa l’idea di far del male fisicamente a qualcuno era per me ripugnante. Ma dopo un anno in un mondo in cui nessuno dice mai che è sbagliato uccidere, in cui la legge della giungla ha il sopravvento, mi ritrovo capace di pensare con serenità ad atti di violenza."
Il giudice, al contrario, che rappresenta l’altra faccia della medaglia, mette in luce come una prigione serva a proteggere la società dalla persone come Ron e i suoi amici.
"La questione non è se la prigione la può aiutare, né se la sua condanna possa servire da deterrente per qualcun altro. Il punto fondamentale è quello di proteggere la società. Chiunque riesca a uccidere un’altra persona a sangue freddo, e lei ha quasi ammesso di essere in grado di farlo, non è adatto a vivere nella società. Io so che la società sarà protetta per almeno cinque anni."
"Animal Factory" è un buon libro, scritto con un linguaggio vero ed efficace. I temi affrontati sono forti, ma narrati senza eccessiva crudezza. Certo, i lettori più sensibili potrebbero rimanerne turbati, ma dobbiamo tener presente di non essere davanti a una storia di zucchero e miele.
Se non sbaglio, Edward Bunker è stato in carcere per diversi anni prima di diventare scrittore (e attore). Probabilmente è per questo che la sua descrizione del carcere è così vivida e sentita. Mi segnerò questo libro: era da tempo che volevo leggere qualcosina su questo autore.
Sì, molto probabilmente Bunker sa descrivere bene il carcere perché ci ha vissuto! Non ho letto nessuna sua biografia, e non saprei dire molto sulla sua "esperienza" carceraria. Di "Animal Factory" hanno anche fatto il film (che mi piacerebbe molto vedere).
🙂
Non vedevo l’ora che uscisse questa recensione, proprio perchè mi incuriosiva…e ora voglio leggerlo 🙂