Quando venne annunciata l’uscita nei cinema italiani del film Io sono leggenda, terza trasposizione su pellicola del romanzo di Matheson, mi era sembrato il momento opportuno per recensire il libro. C’erano molte buone ragioni per le quali il lavoro di Matheson venisse riproposto: perché era incredibilmente fresco pur avendo cinquant’anni di età, perché pur essendo “di genere” riusciva a non essere puro intrattenimento e neppure ambire a diventarlo, perché nella letteratura gotica contemporanea dove i vampiri sono decadenti dal fascino fin troppo logoro le creature dell’autore americano erano una interessante alternativa. Perché insomma era illuminante.
La qualità più interessante del romanzo di Matheson, per nulla brillante dal punto di vista stilistico, sono le scelte dimesse: pur trattando di argomenti gotici e horror, lo scrittore sceglie di ambientare la sua storia nelle periferie americane. Dimenticate quindi le immagini di una New York post-apocalittica diffuse per la promozione del film. Richard Neville, il protagonista, abita in un quartiere che non è poi molto differente da quello al quale un lettore qualsiasi è abituato. Le sue giornate sono scandite da una strana routine, fatta di normali gesti quotidiani come fare la spesa e preparare il pranzo e dell’assalto notturno degli zombie, vicini di casa vampirizzati dall’inspiegabile epidemia (che Neville cercherà di spiegare con sempre più raffinate razionalizzazioni) che ha contagiato il paese. Neville è l’ultimo uomo sulla terra, come viene sbandierato nelle pubblicità, eppure la sua sopravvivenza non ha nulla di straordinario, ha qualcosa di monotono e disperato per l’assoluta mancanza di obbiettivi in cui si è ridotta la sua vita.
Proprio quel senso assoluto di desolazione, accompagnato dalla trovata (geniale) dell’autore di porre il suo personaggio in un situazione di tremendo stress psicologico, privato dei suoi affetti, abitante in un paesaggio ostile, sono le caratteristiche peculiari di Io sono leggenda. Gli scenari gotici sono banditi, la prospettiva si ampia rispetto al puro scopo di far provare al lettore l’orrore della situazione.
Nonostante questo Neville continua a vivere. Fino al giorno in cui, finalmente e quando ormai aveva perso la speranza, incontra qualcuno. E ancora una volta Matheson spiazza il lettore: dopo la desolazione della pagine precedenti, lo getta in un intrico di azione che avrà un risvolto inaspettato, un risvolto che andrà a toccare profondamente il concetto del protagonista (e quindi nostro) di normalità.
Io sono leggenda è un libro difficile da leggere; ma lo sforzo per calarsi nei panni di Richard Neville vale interamente la pena di provarci.