Oliver Graham, un avventuriero inglese che suo malgrado ha dovuto fare i conti con la vita da strada, si ritrova ad accettare la proposta di lavoro da parte di uno straniero, che pare essere semplicemente incappato in lui in un pub londinese; il lavoro sembra però assai bizzarro: entrare in una casa abbandonata a Beggars Crown per ritrovare un libro, che dovrà essere poi consegnato all’uomo per cui lo straniero lavora. Graham accetta, vuoi per il compenso da capogiro, centomila sterline (poco più di centoquaranta mila euro), vuoi per una serie di altre circostanze in cui viene a trovarsi al momento del suo reclutamento nel pub. Una volta entrato nella casa, però, Graham scopre che non si tratta semplicemente di perlustrare quattro stanze polverose, perchè dietro ogni porta si troverà a dover fare i conti con realtà orrorifiche plasmate apposta per lui, ed entità che tutto vogliono fare tranne che rendergli la vita facile.
Già dalla trama si evince che il romanzo è ambientato in parte a Londra e in parte fuori città, a poca distanza da un borgo che, come la casa, sembra altrettanto abbandonato: Beggars Crown. Quello che però si scopre solo leggendo è lo schema del romanzo, che alterna ciò che è accaduto a Londra durante e dopo il reclutamento, e ciò che invece avviene quando Graham perlustra i vari piani della casa abbandonata. I capitoli si alternano dunque su piani temporali diversi già a partire dai primi due e, anche se alle prime righe questo tempo alternato può portare confusione, non è difficile intuire cosa ha voluto fare l’autore e quindi ci si abitua abbastanza presto; tanto più che i capitoli, 24 in tutto più l’epilogo, non sono tanto corti da affaticare la comprensione del lettore. Personalmente, tolta un po’ di confusione iniziale, come ho detto, ho trovato poi azzeccata la scelta di questo espediente temporale, poichè non solo fa salire la tensione ma serve anche a non terminare la spiegazione del reclutamento già a metà libro e a portare due climax verso la fine.
Senza scendere troppo nel particolare, posso dire che l’azione scorre abbastanza bene nei capitoli riguardanti la casa e che si blocca un po’ soltanto in due punti, in cui a mio parere le manovre del protagonista sono state descritte in maniera troppo esasperata e disperse su troppe righe. D’altra parte, considerando il punto di vista opposto, non trovare la descrizione di come Graham esce dai guai sarebbe stato ugualmente “scorretto”, o meglio, avrebbe lasciato al lettore una sorta di dubbio interpretativo. Forse quello che appesantisce un po’ sono le supposizioni e le analisi mentali dello stesso Graham, dato che il punto di vista della narrazione è una terza persona interna al personaggio. In alcuni momenti, ovvero quando la situazione è oggettivamente rapida, troppi pensieri la fanno quasi sembrare svolta al rallentatore. Il personaggio, in parole povere, non avrebbe il tempo materiale di pensare a tante cose insieme. Questo, comunque, non pregiudica l’intera narrazione; semplicemente affatica un po’ il lettore.
Trattandosi di un horror, non possono mancare scene cupe, da ipertensione e anche sanguinolente. Ho notato che queste diverse tipologie si alternano in maniera abbastanza fluida, nel senso che l’autore è riuscito a rendere piuttosto bene l’idea sia in scene che nella cinematografia si definiscono “splatter” (ferite, sangue che schizza e altre allegre prospettive di questo genere) sia in scene dove invece era più la paura psicologica a predominare. Dal punto di vista orrorifico quindi non ho molto da dire, salvo che il carattere del protagonista aiutava visibilmente a smorzare la tensione dove finiva per accumularsene troppa. E’ vero che se uno legge un libro d’orrore è perchè gradisce quel genere di narrazione, ma si ha comunque bisogno di “prendere mentalmente fiato” all’interno del libro stesso.
Ed eccoci al personaggio principale. Oliver Graham viene presentato come un trentenne scavezzacollo, non troppo lontano dalla piccola criminalità, ma comunque restio a fare il passo più lungo della gamba e ad immergersi tra i Cattivi. Non è un personaggio particolarmente originale: cresciuto da solo, con una certa prestanza fisica, abile nell’uso di un lungo coltello, intriso di un certo maschilismo; questo per schematizzare un po’. Tuttavia, andando avanti nella storia, si deduce che non poteva essere altrimenti. Per entrare in quella casa serviva qualcuno con abilità di questo tipo (escluso forse il maschilismo, ma quello fa parte della psicologia del personaggio e non tanto delle abilità), lo straniero che recluta Graham lo ha in realtà proprio cercato. Non avrebbe avuto senso, nè da parte dello straniero nè da parte dell’autore mettere su un imbranato che non sa allacciarsi le scarpe. In ogni modo, l’aspetto che più ho apprezzato in questo personaggio tutto sommato canonico è stata l’ironia, elemento che, ho già detto, attenuava dove c’era bisogno di attenuare.
Lo stile narrativo evita barocchismi ed espressioni contorte, di quelle che di solito vengono usate per allungare il brodo o perchè l’autore vuole dimostrare che conosce qualche parola in più di tutti gli altri; non cade tuttavia nel banale, e anzi si nota la presenza di un buon vocabolario. Mi ha fatto piacere notare la diversificazione dei personaggi nei dialoghi, per i termini usati ma anche per l’impostazione stessa del discorso. Veniva quindi naturale mettere su piani simili Graham e il suo amico Holmes, e invece visualizzare lo straniero e il suo padrone su un piano meno prosaico, più fine, se così posso definirlo.
Infine, anche se si potrebbe pensare che non riguardi la storia in sè e per sè, la copertina del libro è molto evocativa: schematizza una scena del romanzo e non è quindi una bella immagine che con la Casa non c’entra niente. Può sembrare un particolare scontato, ma non lo è. Si trovano a volte libri con una bella copertina che però con la trama non c’entra un tubo.
In chiusura, cosa non mi ha convinto. Una parte del finale ad un certo punto l’avevo sospettata e l’ho trovata giusta, nè affrettata nè dilatata troppo tanto per allungare. E’ invece l’epilogo che mi ha lasciata piuttosto perplessa. Nel senso che c’erano fili non ancora chiusi che io mi aspettavo di trovare lì e non è stato così per alcuni versi. Ho però scoperto che la Casa del Demone è il primo di una saga. Questo spiega l’epilogo lasciato così appeso che, se comunque suggerisce un certo andamento della storia, lasciava in effetti aperti diversi interrogativi. Il mistero è (quasi) spiegato: alla Casa seguiranno altri, di cui il secondo è già in scrittura ed è provvisoriamente intitolato “La Città del Demone“. In tal caso sospendo il giudizio su questi dubbi e questi fili lasciati in sospeso, che magari saranno ripresi nel seguito.
Giudizi
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Info utili
Titolo e autore originale: La casa del demone, Mauro Saracino
Collana, editore e anno: Helheim, Asengard 2010
ISBN o ISSN: 9788895313023
Prezzo (in media): € 15,00
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