Un classico della filosofia. E come tale è difficile parlarne, perchè i classici hanno sempre questo alone di "intoccabilità" intorno: per la fama, per l’importanza, per il ruolo culturale che hanno avuto.
Io spero di non attirarmi insulti e lanci di oggetti vari dicendo che questo testo è piuttosto noioso, e nonostante porti idee buonissime ed interessanti su cui riflettere, lo stile con cui vengono narrate non invoglia molto alla lettura. Se si cerca una lettura di piacere, con cui passare un pomeriggio in poltrona o impegnare le ore di un viaggio in treno, questo libro è da scartare. Se si vuole invece arricchire la propria cultura generale, è una lettura che si presta benissimo, sia per le idee che esprime, sia per le riflessioni che può suscitare.
Il tema è noto più o meno tutti: la descrizione di una società ideale (utopistica, appunto) che è nata sull’isola di Utopia (neologismo creato dall’autore utilizzando la parola greca topos, che significa luogo, e la particella ou, dando così l’idea di un luogo che non esiste), dove gli abitanti vivono in pace, non esiste proprietà privata e la maggior parte della giornata viene trascorsa dedicandosi allo studio e alla cultura.
L’edizione Laterza che vedete in figura contiene anche un saggio con numerosi riferimenti bibliografici di tutti quei testi che hanno analizzato l’opera di Moro dai vari punti di vista (come satira della società in cui lo stesso Moro viveva, o come l’idealizzazione di una società diametralmente opposta a quella europea). Quello che colpisce dell’opera è la cura con cui l’autore ha immaginato ogni singolo particolare di questa società: le dimensioni dell’isola, la disposizione delle città, la descrizione della capitale, per poi passare allo stile di vita. Ad ogni aspetto è dedicato un "capitoletto" all’interno del dialogo-racconto: i magistrati e l’amministrazione della giustizia, le arti e i mestieri, i rapporti tra i cittadini, i viaggi che i cittadini possono compiere, la schiavitù, il commercio e lo spregio per l’oro e l’argento, la guerra, e le religioni. Tutto crea un quadro estremamente dettagliato delle istituzioni e della vita quotidiana di quest’isola, in cui i cittadini vivono secondo le proprie aspirazioni e dedicano gran parte della giornata a svaghi di tipo culturale, in cui nessuno possiede nulla e l’oro non serve perchè il commercio è fiorente e gli abitanti, che non possiedono nulla ma sono perfettamente felici, non ne hanno bisogno. L’oro viene utilizzato solo per le guerre. Il modo in cui l’autore immagina ogni singolo particolare è impressionante, e personalmente ho trovato interessantissima la concezione di schiavitù nell’isola di Utopia: si tratta in realtà di una punizione, per colpe gravi commesse nonostante tutto, nella vita dell’isola, permetta a chiunque vi nasca di crescere seguendo le sue inclinazioni e i suoi desideri.
Credo che ci siano, anche in rete, persone più qualificate di me a raccontare l’importanza e i significati dietro tutti questi dettagli dal punto di vista storico, filosofico e culturale. Per quanto posso dire io, che ne avevo letto solo stralci ai tempi del liceo, è un’opera che merita sicuramente di essere letta, come tutti i classici, perchè ognuno possa immaginare la sua isola e fare tutte le riflessioni che le idee espresse portano a fare. L’unico consiglio che posso dare è: leggere prima l’opera, trarne le proprie, personali conclusioni, e poi affidarsi ai critici per comprenderla a fondo.
Ho odiato la filosofia con tutto il muo cuore al liceo…