Premessa: non so se infilarlo nella categoria "fantascienza" sia corretto o meno. Mi baso sul sentito dire, qui, perchè di fantascienza conosco poco. Correggetemi pure se ritenete che vada in un’altra categoria 🙂
Di questo libro avevo visto una parte della più recente trasposizione cinematografica. Ne avevo avuto un’impressione di gran casino, in cui si capiva ben poco, e in cui comunque l’importante era esaltare il ruolo di Clooney. Mi sono avvicinata al libro con una sorta di timore reverenziale, con la paura di trovarmi di fronte a qualcosa di estremamente complesso, che difficilmente avrei capito, e che forse avrei lasciato perdere. Fortunatamente ho continuato fino alla fine.
Solaris è la storia di tre scienziati, che cercano di scoprire il mistero che si cela dietro al pianeta Solaris, su cui un oceano-vivente ha poteri quasi incredibili. L’autore dedica lunghi passi alla storia di Solaris e agli studi umani che non sono mai riusciti a capire cosa fosse questo terribile oceano. Alcuni passi sono stati difficili, per me, perchè contenevano anche nozioni tecniche e scientifiche che io non possiedo e che fatico a capire (e che sinceramente non mi struggo di capire). Ma se si supera questo, se si cerca nelle pieghe dei dialoghi, delle capacità di questo enorme oceano, dell’impossibilità degli umani di capirlo, ci si trova di fronte a una profondità spiazzante. Di fronte allo sconfinato oceano vivente di Solaris ho sentito stupore, meraviglia, e rispetto. Di fronte ai tentativi umani di capirlo, comprenderlo, classificarlo e studiarlo, come si fa con le rocce di Marte, mi sono sentita piccola piccola. Siamo l’erba dell’universo, si dice in un punto del libro, e questo romanzo ti fa capire che è vero, siamo solo l’erba dell’universo, e abbiamo la pretesa di capire qualsiasi civiltà ci capiti di fronte (quando spesso non abbiamo nemmeno capito a fondo le civiltà terrestri). Solaris è un mistero che l’uomo non può conoscere, una civiltà insondabile e chiusa in se stessa capaci di grandi cose per noi incomprensibili e inimmaginabili, un oceano che si ritrae al contatto con l’uomo. Gli uomini del romanzo vanno classificandolo via via come qualcosa di metafisico, arrivando a definirlo come un dio-bambino, un dio imperfetto. Ma non lo capiranno mai. Non abbiamo bisogno di altri mondi, abbiamo bisogno di specchi, dice Snaut a un certo punto: e quanto è vero. L’uomo su Solaris cerca somiglianze con ciò che conosce, si infuria, vorrebbe distruggere Solaris perchè non può capirlo: su Solaris, l’uomo è ridotto a un brandello di coscienza che si confronta con i suoi limiti e le sue più grandi angosce, capace ancora di interrogarsi sulle cose, ma incapace di accettare che quel mistero è, per lui, insondabile. Su Solaris si cambia, e per Solaris si vive.
Credo che l’immagine di questo oceano-vivente, in qualunque modo venga definito, qualunque teoria si faccia su di esso, sia una concezione geniale dell’infinito e del limite insieme. Se ripenso a questa creatura provo, come ripeto, stupore, rispetto e meraviglia. Non so pensare altro. Il mistero di Solaris ha annichilito anche me. Lasciate che annichilisca anche voi, perchè quello che lascia dentro è una sensazione così meravigliosa e così terrificante che non la si può realmente descrivere.
Nell’edizione qui riportata, c’è un’interessante postfazione sulle relazioni tra il romanzo e l’archetipo dell’acqua, con alcune dichiarazioni dell’autore, e una bibliografia accurata che merita di essere almeno scorsa.